MOSTRE. A VENEZIA 50 CAPOLAVORI DEL MUSEO DELL’IMPRESSIONISMO RUSSO DI MOSCA

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impress.russo al venezia

“A occhi spalancati” è l’anteprima di un nuovo grande museo di Mosca, quello dell’Impressionismo Russo che aprirà i battenti nella capitale russa nel prossimo autunno. Per annunciare e far conoscere quello che è destinato ad essere uno dei “musei imperdibili” per ogni turista che si recherà a Mosca, la direzione della futura istituzione ha deciso di anticipare l’apertura al pubblico con due importanti preview: la prima si è svolta in Russia, nel Museo di Ivanovo, all’inizio dell’autunno scorso e ora è la volta di Venezia, unica tappa estera. Qui, dal 13 febbraio al 12 aprile, in Palazzo Franchetti, il visitatore potrà ammirare 50 capolavori del futuro museo moscovita. Un “biglietto da visita” estremamente raffinato, per annunciare una collezione di sicuro interesse internazionale. La rassegna veneziana è curata da Yulia Petrova, direttore del Museo dell’Impressionismo Russo, e da Silvia Burini e Giuseppe Barbieri, responsabili del Centro Studi sulle Arti della Russia (CSAR) dell’Università Ca’ Foscari e di una serie di prestigiose e apprezzate attività espositive che dal 2010 hanno diffuso in Italia alcuni essenziali aspetti dell’arte russa degli ultimi due secoli. È un’indicazione interessante dell’originale politica culturale e della speciale mission dell’istituzione moscovita: favorire, attraverso esposizioni temporanee, in Russia e all’estero, la conoscenza di una rilevante tendenza dell’arte russa, in particolare quella che caratterizza l’epoca tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo, una fase ancora poco conosciuta, a parte alcuni grandi nomi, della vicenda artistica e del ruolo internazionale della moderna arte russa. Le 50 opere sono esposte in un percorso che accosta tra loro soggetti tematicamente contigui (il paesaggio, la scena urbana, la figura in un interno), con una dovuta ma non sempre vincolante attenzione alla cronologia. Il momento di maggior fioritura dell’Impressionismo in Russia è di qualche lustro successivo alla svolta dell’arte francese intervenuta tra settimo e ottavo decennio dell’Ottocento, e comprende soprattutto l’ultimo decennio del secolo e l’inizio di quello successivo. Ma questo non significa che possa essere considerato la variante provinciale di quello francese e nemmeno la sporadica scelta di maniera di qualche pittore. L’Impressionismo era già divenuto infatti il tempestivo punto di riferimento per l’opera di paesaggisti come Fedor Vasil’ev, aveva influenzato la ricerca di Polenov e di Repin, dopo un loro soggiorno in Francia e, grazie a questi maestri, era presto diventato oggetto di studio per gli studenti della Scuola di Pittura, Architettura e Scultura di Mosca, alcuni dei quali destinati – come Konstantin Juon, Petr Petrovičev e Stanislav Žukovskij, tutti presenti in mostra – a un ruolo di primaria importanza prima, durante e dopo l’avvento delle Avanguardie. La tradizione di dipingere alla maniera impressionista continua poi per buona parte del Novecento, ed è documentata in mostra con opere di Končalovskij, Grabar’, Kustodiev, Baranov-Rossiné, con altri pittori insospettabili, come Sergej Gerasimov o Georgij Savickij, e persino con artisti molto legati al realismo socialista, come Aleksandr Gerasimov e Dmitrij Nalbandjan. D’altra parte l’immagine guida della mostra – i Manifesti sotto la pioggia di Pimenov (1973) – dimostra con ogni evidenza come la matrice impressionistica caratterizzi con un certo rilievo anche il periodo del disgelo post staliniano. La mostra veneziana allinea insomma le prime esplicite rimeditazioni e rielaborazioni della rivoluzione artistica francese, evidenzia la tenace persistenza, per buona parte del Novecento, di questo approccio alla raffigurazione della vita individuale e dei suoi scenari e sottolinea la perdurante attualità di questa matrice. Per questo l’arco cronologico delle opere in mostra spazia da alcuni rari dipinti giovanili di Konstantin Korovin, il più famoso esponente dell’Impressionismo russo, e di Valentin Serov sino ad anni recentissimi, con pittori come Vladimir Rogozin e Valerij Košljakov, che non si possono certo considerare “impressionisti” in senso stretto ma per i quali sono risultate fondamentali le ricerche dei loro predecessori alla fine del XIX secolo e che raccolgono oggi, idealmente ed efficacemente, in una chiave contemporanea, la loro eredità. Il Museo dell’Impressionismo Russo di Mosca nasce dalla collezione privata di Boris Mints, avviata oltre dieci anni fa, anche mediante l’acquisto sul mercato occidentale di una serie di dipinti che sono tornati così in Russia e che tra poco saranno disponibili per i visitatori del Museo.



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