Barbara Paknazar sul Bo live, il giornale web dell’ateneo di Padova, ha scritto un testo sul vaccino antimalaria e sui tanti casi di malattia e morte in vari paesi d’Africa e sulla necessita’che il farmaco divenga pou’efficace. Ed ha colloquiato dapprima con Giorgio Palù, presidente della Società italiana di Virologia e professore ordinario di Microbiologia e Virologia all’università di Padova e con un esperto del Cuamm. “Il vaccino contro la malaria – ha spiegato Palù – è una proteina ricombinante che è la proteina superficiale del circumsporozoite, il protozoo che viene inoculato dalla puntura dell’insetto e poi va al fegato, nel fegato si moltiplica, infetta i globuli rossi e provoca gli effetti della malattia. E’ un antigene coniugato con l’antigene di superficie del virus dell’epatite B, per renderlo ancora più forte, e ha un adiuvante molto potente che sono dei liposomi, cioè delle particelle di lipidi che contengono al loro interno un agonista del Toll-like receptor 4, un recettore che attiva la risposta immuno-infiammatoria. Quindi è un vaccino molto potente ed è dal 1980 che la GlaxoSmithKline lo sta allestendo, questo per far capire quanto tempo ci voglia per arrivare sulla clinica. In precedenza ha avuto dei trial clinici in Africa, nei Paesi subequatoriali e oggi è utilizzato in uno studio clinico su 120 mila pazienti in Malawi, Kenya e Ghana. Si somministra in 4 dosi nei bambini dai 5 mesi in su. Perché i bambini? Perché i bambini sono la popolazione più colpita dalla malaria”. “La malaria – ha precisato – viene trasmessa da una zanzara Anopheles, ne esistono più di 50 specie, e ne abbiamo ancora anche in Italia, nonostante si riteneva che fossero state estinte con il Ddt e con la bonifica delle paludi. E invece dobbiamo tener presente che lo 0,5% delle zanzare che circolano nel nostro Paese sono Anopheles. Il motivo per il quale in Italia la malaria non diventa endemica è che non si verifica un numero sufficiente di casi. Ricordo inoltre che le zanzare sono l’animale più omicida, il killer numero uno dopo homo sapiens sapiens, quindi l’uomo ammazza più umani ma subito dopo vengono le zanzare, prima dei coccodrilli, dei serpenti e di quant’altro”. “Avere a disposizione un vaccino contro la malaria è una tappa molto significativa nella lotta a questa malattia perché i protozoi parassiti appartenenti al genere Plasmodium hanno iniziato a sviluppare resistenza ai farmaci. “E’ importante avere un vaccino per la malaria – ha aggiunto Palù – perché ci si è arrivati, dopo tanti tentativi partiti già negli anni’50, utilizzando componenti di questo Plasmodium che è un protozoo, un parassita molto simile alle cellule del nostro organismo ed è anche per questo motivo che è stato difficile creare un vaccino contro questa malattia. Ricordo che esistono dei farmaci che possono curare e prevenire la malaria, ma hanno dei gravi limiti che sono dovuti alla resistenza che il Plasmodium ormai ha instaurato. Ricordo tra l’altro che il primo farmaco scoperto dai gesuiti in Cile ha utilizzato la corteccia dell’albero di china, il cosiddetto chinico, poi sono arrivati i derivati sintetici e nel 2015 il premio Nobel è andato a Tu Youyou che è una ricercatrice cinese, quindi la medicina popolare ha scoperto dagli estratti di erbe, in questo caso dall’artemisia che è una pianta, un farmaco potente che è l’artemisina. Ma tutti i farmaci potenti finiscono per sviluppare resistenza. Quindi abbiamo bisogno di un vaccino. Questo vaccino è stato finanziato dagli enti americani, soprattutto dalla fondazione Bill Gates e nel 2015 l’Ema, che è l’Agenzia europea per i medicinali, ha dato l’autorizzazione con il beneplacito anche dell’Organizzazione mondiale della sanità e sono stati individuati i tre Paesi su cui si sta facendo lo studio clinico. Finora ha dimostrato è un’efficacia che va dal 35% al 45%, l’efficacia è tanto maggiore quanto più cresciuti i bambini e questo è già un limite perché sono proprio i bambini più piccoli che dovremmo proteggere, visto che un vaccino deve prevenire l’infezione, neutralizzando l’agente patogeno con la produzione di anticorpi o di cellule immunocompetenti che bloccano l’infezione o il manifestarsi della malattia” Rispetto al dato relativo all’efficacia il professor Palù ha sostenuto che “vorremmo avere un vaccino efficace nel 95% – 98% dei casi, come quello contro il morbillo, ma al momento non l’abbiamo. Nella lotta alla malaria è comunque già molto significativo poter contare su questo vaccino e i progressi sono dovuti anche al fatto che si è sviluppata questa nuova scienza che si chiama vaccinologia: oggi conosciamo bene la struttura degli antigeni, che tipi di anticorpi, siamo in grado anche di sviluppare geneticamente modificando la risposta anticorpale e speriamo un domani di avere vaccini anche contro l’Hiv e la tubercolosi che provocano ancora più morti della malaria. Di Hiv muoiono ancora un milione e mezzo di persone all’anno e di tubercolosi ancora un milione di persone, la malaria è la terza malattia per numero di morti ma ovviamente, con i cambiamenti climatici, con l’arrivo di nuovi insetti e nuove specie di zanzare e ricordo che, tra gli animali, le zanzare sono il killer maggiore proprio perché veicolano una serie di parassiti, di protozoi, di patogeni, soprattutto virus, almeno 5 o 6 famiglie virali. Questo vaccino è stato scelto non solo dalla comunità scientifica e dall’industria farmaceutica, ma anche dalle organizzazioni regolatorie internazionali perché dovrebbe indurre una risposta di anticorpi, o una risposta cellula mediata, contro le prime fasi del ciclo replicativo del Plasmodium e ovviamente colpire prima che il patogeno entri nel fegato è importante perché vorrebbe dire sterilizzare l’infezione. Quindi dobbiamo proteggerci e come dice l’aforisma di Pasteur: è meglio prevenire che curare”. E in futuro un ulteriore strumento nella lotta contro la malaria, potrebbero essere le tecniche di gene drive attraverso le quali si cercherà di controllare le popolazioni di insetti vettori attraverso la modificazione del loro genoma. Sull’importanza di poter contare su una strategia di lotta alla malaria che preveda strumenti diversificati si è soffermato il professor Giampietro Pellizzer, infettivologo di Medici con l’Africa Cuamm, che ha sottolineato come il vaccino possa essere un pezzo importante del puzzle con cui si spera di poter eradicare questa malattia. “Da un punto di vista globale – ha chiarito Pellizzer – il problema della malaria è stato rilanciato negli ultimi 3-4 anni, quando si è registrato un rallentamento del trend di riduzione del numero di casi e di morti. Questo dato è stato un campanello d’allarme che ha fatto sì che le organizzazioni e tutti i soggetti che si occupano di lotta alla malaria rilanciassero gli approcci e lavorassero meglio per definire strategia futura. In questo modo sono stati stabiliti degli obiettivi e soprattutto si è visto che il peso a livello globale della malaria grava in particolare su dieci Paesi africani più l’India, territori dove complessivamente si registrano circa il 70-80% dei casi totali di malaria. Al vaccino è stato dato un ruolo fondamentale nel raggiungimento degli obiettivi da qui al 2030. Cioè ridurre del 90% la mortalità e il numero di casi di malaria e arrivare all’eliminazione della malaria in almeno 35 Paesi in cui attualmente la malaria è presente. E una volta che è stata raggiunta l’eliminazione si va verso l’eradicazione: l’eliminazione vuol dire 0 casi, l’eradicazione vuol dire che non ci saranno più casi in futuro. L’obiettivo principale è avere un mondo malaria free. La vaccinazione è uno degli strumenti validi per raggiungere questo obiettivo e come tale va interpretato. Da sola non è pensabile che possa farcela, così come non è sufficiente avere un buon test diagnostico o una terapia: quello che serve è un insieme di strumenti che permetta di arrivare prima al controllo e poi all’eliminazione della malattia. Questi dieci paesi africani ad alta trasmissione della malaria sono ancora in una fase incerta, quella in cui si cerca di arrivare al raggiungimento del controllo. Tutti gli otto Paesi dell’Africa subsahariana in cui il Cuamm lavora sono Paesi a trasmissione elevata o moderata di malaria. Cosa vuol dire? Che il 50% dei bambini che manifestano febbre hanno la malaria e una quota non indifferente di morti è attribuibile a questa malattia, così come è particolarmente alto il peso dell’assistenza sanitaria, soprattutto nella fascia di popolazione più debole, che sono i bambini sotto i 5 anni, i più esposti al rischio di malaria severa e di morte”. Al testo completo delle dichiarazioni si rimanda alla lettura del Bo live. (foto arch.Bo live/Unid).