Anna Matscher (foto) ha iniziato a cucinare cotolette alla milanese e patatine fritte. Mai avrebbe pensato di diventare una chef stellata, è l’unica in Alto Adige. Ora, a 56 anni, propone piatti raffinati come la “Tartara di rapa rossa in manto di pane nero e maionese di rafano”. Una carriera tutta da autodidatta. Nel ristorante “Zum Löwen”, a Tesimo, lavorano anche il marito Alois e la figlia Elisabeth. “Non sarei mai riuscita ad arrivare fin qui da sola”, ha detto Matscher. Anna aveva già deciso la sua professione, voleva fare la massaggiatrice. Recatasi a Vienna a studiare, è poi tornata per lavorare per un medico a Lana. A diventare cuoca non ci aveva mai pensato. Al massimo le capitava ogni tanto di cucinare per la sua famiglia ospitante a Vienna. Un giorno però a Lana ha conosciuto il suo marito, Alois Matscher, la cui famiglia era proprietaria del “Zum Löwen” (dai leoni). Così, tutto quello che non si sarebbe mai aspettata è diventato realtà e ora sono 30 anni che Anna e Alois gestiscono il “Zum Löwen”. Dopo essersi licenziata dal posto di massaggiatrice ha passato due anni come tuttofare al ristorante. Poi si è messa ai fornelli. Ha iniziato con i primi piatti, soprattutto la pasta fatta in casa, e coi dessert. E dopo 10 anni la sorpresa: una stella Michelin, poi sospesa, e riassegnata. Una soddisfazione, ma anche una bella responsabilitào, ha precisato la chef. E racconta come sono andati i fatti. Una sera di ormai 20 anni fa si sono presentati a cena due uomini poco appariscenti e hanno chiesto ad Alois che cosa ne pensasse delle stelle Michelin. Un episodio a cui non aveva dato una grande importanza. In seguito però la stella è arrivata davvero. Ciò per cui altri chef lavorano duramente da una vita, Anna l’ha ottenuto improvvisamente: infatti è molto prestigiosa una segnalazione sulla nota guida per i buongustai! Anna e Alois non avevano infatti grandi ambizioni, all’inizio pensavano solo a gestire un’osteria. “Certo siamo andati molto lontano da quell’idea iniziale”, ha precisato Anna. “La stella è stata una bella sorpresa, ma anche una grossa responsabilità. Mi sono subito sentita sotto una forte pressione da parte degli ospiti e dei media”. Su circa 520.000 abitanti l’Alto Adige conta 13 chef stellati con una stella e 5 con due stelle. Ci sono poi 85 cappelli (da cuoco) Gault Millau. Una buona media sul totale della popolazione. I grandi chef altoatesini preferiscono la qualità alla pubblicità, concentrandosi sull’essenziale: la provenienza degli ingredienti. Scelgono prodotti freschi, spesso coltivati nei loro stessi orti, oppure venduti da aziende agricole locali (e così fa Anna). Il valore aggiunto in Alto Adige è saper accostare la cultura gastronomica alpina a quella mediterranea: questa è la filosofia del luogo che fa successo. Per riuscire a trasformare un’osteria in un ristorante d’alta classe come il “Zum Löwen” servono diverse componenti. “Alois è stato il partner ideale” ha sottolineato Anna “e la location si è rivelata perfetta”. La sua modestia le fa dimenticare di menzionare altri due elementi fondamentali: un palato fino e tanto impegno. “Nel corso degli anni la mia cucina si è molto evoluta”, ha spiegato ancora Anna, “e ogni volta cambiava la clientela. Ad esempio molti venivano appositamente a mangiare gli anelli di cipolla fritti, che da anni non proponiamo più”. Adesso si propongono interiora di animali, o un menù vegetariano. Per molti anni Anna non è stata presa sul serio come cuoca in Alto Adige. “Non credo che le donne cucinino peggio degli uomini; per diventare una buona cuoca occorre molto tempo, quello che si suppone le donne non abbiano, perché spesso lasciate sole ad occuparsi contemporaneamente del proprio lavoro e della cura della casa e della famiglia”. In cucina Anna segue i suoi aiutanti con pazienza e scruupolo, dando loro precise istruzioni. Il marito Alois governa con passione la sua cantina di vini e conosce le sue bottiglie una ad una. Da alcuni anni ha trovato rinforzi: la figlia Elisabeth è diventata sommelier e lavora anche lei come cameriera. Foto: Ivo Corrà; sintesi del testo di Katya Schoffenegger.