Sul versante ambientale l’installazione di nuove trivelle in Adriatico genera sempre motivo di allarme per le coste e la subsidenza. Non solo le associazioni ambientaliste ma anche le regioni italiane che si affacciano in questo mare sono tornate nella fase di preoccupazione dopo che la Croazia ha concesso sei nuove zone destinate all’estrazione di gas e petrolio nella regione della Slavonia dove, secondo studi, ci sono giacimenti di idrocraburi certi. Da ricordare che in Slavonia dagli anni cinquanta ad oggi sono operativi già una cinquantina di pozzi. Il governo croato prevede che da queste concessioni potrebbe avere tra i 400 e 800 milioni di euro di introito netto all’anno. Da notizie di stampa si è appreso che le prime trivellazione ci saranno nel 2015, mentre l’estrazione dovrebbe iniziare tra circa cinque anni. E’ quanto ha segnalato a Zagabria la direttrice dell’Agenzia statale per gli idrocarburi, Barbara Doric. Al bando sono state assegnate sei concessioni per l’esplorazione e l’estrazione di gas e petrolio per un periodo di trent’anni, su aree da 2.100 a 2.600 km2 nella zona lungo il fiume Drava, che segna il confine con l’Ungheria, lungo il fiume Sava, al confine con la Bosnia e nella Slavonia orientale. Quattro campi sono stati dati in concessione alla Vermilion Energy, multinazionale con sede in Canada, una alla nigeriana Oando e una alla croata Ina. Per ora sono stati assegnati solo i permessi e in queste settimane sono in corso trattative per definire i contratti.

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