Lungo il Danubio vi sono ancora pescatori che vivono vendendo il loro bottino, scarso il più delle volte, nei mercati ed ai ristoranti. Ma inquinamento, dighe e deregolamentazione ostacolano questa antica professione. Sino a quindici anni fa i pescatori di mestiere in Serbia erano più di 2000. Ma la riserva ittica s’ è sempre più impoverita, la deregolamentazione del mercato e l’innalzamento delle tasse hanno avuto presto sopravvento su questo lavoro tanto antico quanto l’arrivo di comunità nei pressi del Danubio. Dal web Osservatorio Balcani e Caucaso, è stato citato Le Courrier des Balkans, che in un recente servizio ha riferito che ci sono 320 professionisti in tutta la Serbia e che nessun giovane vuole seguire l’esempio dei padri. “Nessuno controlla il numero di pesci pescati nella parte serba del Danubio, né il quantitativo del venduto”, ha detto Dragoljub Ristić, presidente dell’Unione pescatori professionisti del Danubio. “Chiunque può gettare una rete o lanciare un amo, senza però pagare le tasse che devono sopportare i professionisti. Ci siamo rivolti in più occasioni alle autorità ma nessuno ci da ascolto”. La voce di uno dei rari professionisti del settore che tentano di resistere pesa ben poco rispetto a quella dei 70.000 titolari di un permesso di pesca, una lobby che tutti i partiti politici cercano di accaparrarsi nelle tornate elettorali. L’associazione Viaggiare i Balcani promuove da anni tappe turistiche alla scoperta del Danubio, da poco tempo va di moda una visita alla zona del Delta. In verità, secondo il servizio de Le Courrier, questi “amatori” non lo sono davvero. In una paese dove al disoccupazione è ufficialmente attorno al 20% della popolazione attiva e dove i bassi salari non permettono di sopravvivere, la vendita illegale di pescato è un buon modo per arrotondare la vita quotidiana. Questa “uberizzazione” della pesca mette in pericolo anche la sopravvivenza di alcun specie, già messe in grave difficoltà dalla diga delle Porte di ferro, nel 1972: in passato gli storioni del Mar Nero risalivano fin quassù ma ormai sono bloccati dalla centrale idroelettrica. E anche il pescato di altre specie è in continua diminuzione. Risulta che c’è una trentina di pescatori che fornisce la maggior parte dei pesci ai ristoranti ma, per aumentare i propri margini e rispondere alla forte domanda, molti ristoratori ripiegano sul pangasio d’allevamento, importato dal Vietnam, facendolo passare per pesce del Danubio. E i pescatori si ritrovano contro un’altra potente lobby, quella degli importatori. Di fronte alla deregolamentazione del mercato i pescatori serbi chiedono al governo di aumentare i controlli e che venga accordato ai pescatori professionisti uno statuto fiscale privilegiato, come quello di cui godono altri mestieri artigiani. “Vorremmo organizzare una grande corsa a piedi dalla sorgente al delta del Danubio, per sensibilizzare le comunità rivierasche al rispetto dell’ambiente”, lo ha proposto da Dragoljub Ristić il quale ha concluso affermando che “il Danubio non è solo ciò che ci fa vivere ma è la spina dorsale del continente europeo, è un fiume lungo il quale si sono sviluppate grandi civiltà. Non possiamo permettere di farlo morire”.