Ridurre l’uso dei pesticidi per limitare i rischi sulla salute umana e gli impatti sull’ambiente e promuovere l’utilizzo di alternative non chimiche. È questa la strada indicata dalla normativa europea e in tale direzione sta lavorando un consorzio, composto da università, istituti di ricerca e aziende di 14 diversi Paesi, di cui anche l’università di Padova fa parte. Monica Panetto ha trattato l’argomento con un servizio pubblicato sul giornale Il Bo dell’ateneo. L’obiettivo del progetto, dal titolo Biocomes: new biological control products for farmers and foresters, è di sviluppare 11 nuovi prodotti, “agenti di controllo biologico”, per combattere una serie di importanti parassiti e malattie in agricoltura e silvicoltura. Dopo quattro anni, gli scienziati si avviano alla fase conclusiva delle indagini e i risultati che si intravvedono sembrano promettenti. La direttiva europea del 2009 stabilisce la necessità di “realizzare un uso sostenibile dei pesticidi” e insiste in modo particolare sul concetto di difesa integrata, riferendosi alla “produzione di colture sane con metodi che perturbino il meno possibile gli ecosistemi agricoli e che promuovano i meccanismi naturali di controllo fitosanitario”. L’Italia, nel recepire la normativa europea, nel 2014 adotta un Piano di azione nazionale che guida il processo di cambiamento verso metodi che abbiano una maggiore sostenibilità ambientale e sanitaria. Nella difesa delle colture dagli agenti nocivi sono da privilegiare le alternative biologiche. “Nel nostro Paese si fa largo uso di pesticidi a seconda della coltura – ha sostenuto Roberto Causin del dipartimento di Territorio e sistemi agro-forestali, referente del progetto per Padova – come in tutta Europa. Nel tempo però, da quando sono state promosse iniziative volte a scoraggiare l’uso esagerato dei prodotti fitosanitari, si sta assistendo a un calo graduale ma continuo delle quantità impiegate. E, dato che la produttività dei raccolti non sta diminuendo, significa che se ne può effettivamente utilizzare di meno”. In Stati come la Francia, ha spiegato il docente, il governo ha programmato una riduzione del 50% dell’uso di pesticidi entro il 2025 attraverso il sostegno alle aziende agricole “pioniere” nella riduzione dei fitosanitari e l’appoggio ai distributori. In Italia, invece, la riduzione sta avvenendo per via spontanea, ma la resistenza dei produttori e utilizzatori è ancora alta. “Una delle carte da giocare – ha precisato Causin – è senza dubbio il controllo biologico”. Si fa ricorso, in pratica, ai “nemici naturali” (parassiti, predatori o agenti patogeni) delle specie dannose. Il problema però sta nel fatto che la gamma di agenti di controllo biologico attualmente disponibile è ancora limitata e a questa carenza sta cercando di rispondere il progetto Biocomes. “Si stanno elaborando prodotti basati su competitori antagonisti – ha proseguito il docente – che possono essere, tra gli altri, parassiti di insetti dannosi, capaci di limitare gli effetti negativi di questi ultimi. Si stanno sviluppando organismi fungini con azione di competitori nei confronti di malattie crittogamiche delle piante. Questi ultimi, in particolare, agiscono anche per via indiretta stimolando le difese naturali della pianta che riesce così a reagire in maniera più efficace all’aggressione dei patogeni e ad ammalarsi di meno”. Un aspetto, quest’ultimo, di cui si sta occupando l’università di Padova. “Il nostro gruppo sta caratterizzando un organismo fungino che dovrebbe essere in grado di stimolare le resistenze delle piante. Lo stiamo testando in ambiente protetto sui cereali, mais e frumento in particolare, dove esistono problemi di micotossine. Si tratta di sostanze tossiche che possono contaminare i prodotti derivati, come le farine, e nuocere alla salute dell’uomo e degli animali. Controllare questa contaminazione è importante per aumentare la sicurezza alimentare, specie se si considera che i cereali sono alla base dell’alimentazione umana e zootecnica”. Causin inoltre ha sottolineato che l’impatto ambientale che deriva dall’impiego di questi metodi è teoricamente molto più contenuto rispetto all’utilizzo di molecole di sintesi. Un aspetto, questo, che i ricercatori non trascurano, dato che il progetto prevede di esaminare anche la sostenibilità dell’intero processo di produzione degli agenti di controllo biologico su cui si sta lavorando. “Ora, dopo aver valutato le potenzialità dei vari agenti di controllo biologico, siamo nella fase di sperimentazione di campo. A novembre, al termine delle indagini, saremo in grado di dire quanti degli 11 prodotti su cui abbiamo lavorato diano effettivamente dei risultati. Già lo scorso anno, tuttavia, al meeting di Catania sono emerse buone prospettive e personalmente ritengo che buona parte degli obiettivi che ci siamo prefissati saranno raggiunti”. Per quanto riguarda la commercializzazione, Monica Panetto ha scritto che Causin ha sottolineato che la legislazione vigente sui prodotti fitosanitari prevede una procedura di registrazione che può richiedere anche due o tre anni. Solo allora si potrà disporre dei prodotti, sempre che le aziende decidano di investire.