Diffuso in tutta Europa fin dal IV secolo, il culto di San Martino vescovo di Tours si radica nella natia Ungheria. Venerato come Santo dalla Chiesa cattolica, dalla Chiesa ortodossa e da quella copta, nacque intorno al 317 nella colonia di Claudia Sabaria in Pannonia. La città di Szombathely, (un tempo Sabaria), celebra in Szent Màrton il proprio patrono, vantando fin dal IX secolo l’erezione di una chiesa a lui intitolata. Nato da genitori pagani, fu chiamato al servizio militare in Francia; mandato in Gallia, ancora adolescente si convertì al cristianesimo. Lasciate le armi, condusse presso Ligugé vita monastica sotto la guida di Sant’Ilario di Poitiers. Ordinato sacerdote ed eletto vescovo di Tours, fondò monasteri e parrocchie nei villaggi, evangelizzando i contadini e divenendo famoso in tutta la Gallia. Morì a Candes (Indre-et-Loire, Francia) l’8 novembre 397, ma la data della sua sepoltura è l’11. Questa data è diventata una festa straordinaria in tutto l’Occidente grazie alla sua popolare fama di santità e al numero notevole di cristiani che portavano il nome di Martino. La sua storia è stata raccontata qualche secolo dopo da uno scrittore veneto, Venanzio Fortunato da Valdobbiadene. In Italia il suo culto è legato alla cosiddetta estate di San Martino. Si trovava alle porte della città di Amiens con i suoi soldati quando incontrò un mendicante seminudo. D’impulso tagliò in due il suo mantello e lo condivise con il mendicante. Contento di avere fatto la carità, se ne andò sotto la pioggia che cominciò a cadere più forte che mai. Ma fatti pochi passi il vento si calmò, il cielo divenne sereno e l’aria mite, obbligando il cavaliere a levarsi anche il mezzo mantello. Ecco l’estate di San Martino, che si rinnova ancor oggi ogni anno, regalandoci qualche bella giornata di sole a novembre. Durante la notte Martino sognò Gesù che lo ringraziava e gli restituiva la metà del mantello, significandogli che il mendicante incontrato era proprio lui in persona. Quando Martino si risvegliò il suo mantello era integro. La sua vita è costellata da episodi in cui emergono santità e umiltà; San Martino, come San Francesco, amava la natura e gli animali. È il patrono delle Guardie Svizzere pontificie e di mendicanti, soldati, albergatori, cavalieri. Questo Santo è anche patrono della Francia e il suo nome compare in svariati paesi francesi, italiani ed americani. Nel Veneto è patrono di numerose città e paesi: Campo San Martino, San Martino di Lupari, Peschiera, Lazise, Piove di Sacco, Povegliano Veronese, Tregnago, Vigo di Cadore e Belluno. San Martino, celebrato dal Carducci nella sua famosa lirica, è molto importante per i contadini. Intorno all’11 novembre è tutto un fiorire di sagre paesane, dove trovano spazio e godimento i frutti della terra. La festa, collocata alla fine dell’annata agricola e al principio della stagione invernale, diede origine a molte tradizioni legate all’attività agricola ed al mondo rurale. In questi giorni si completa la raccolta dei frutti, il mosto ribolle nei tini, i boschi sono ricchi di selvaggina, di funghi, di castagne e nespole; si aprono le botti per il primo assaggio del vino novello. Erano i giorni in cui un tempo finiva in molte zone del nord l’anno lavorativo e si rinnovavano i contratti di affitto dei fondi rustici. Nella nostra tradizione famose e tristissime erano le migrazioni dei mezzadri che lasciavano la casa e la terra che avevano coltivato per spostarsi presso la campagna di altri proprietari. Divenne abituale cambiar casa proprio a San Martino, perciò “fare San Martino” è diventato un modo per significare il trasloco. La festa di San Martino è una ricorrenza celebrata in tutta Italia, caratterizzata da diverse usanze regionali che risalgono ai tempi passati. In Veneto è molto sentita soprattutto a Venezia, Mestre e dintorni, dove l’immagine di San Martino finisce in pasticceria: con la pasta frolla viene modellata la forma del Santo a cavallo munito di spada e mantello, guarnito con glassa di zucchero colorata, praline, smarties e cioccolatini. E’ una tradizione del tutto locale, e portare questo dolce in regalo in qualche altra città, dove l’usanza non è conosciuta, è cosa molto apprezzata. (foto arch.) ODM