Il dilagare di notizie false sui social network per porre un freno ai ‘falsari’ va contrastato perchè potrebbe rivelarsi inefficace senza un cambiamento nel comportamento degli utenti stessi, fruitori di poche pagine informative, all’ascolto di poche voci e sordi alle tesi che non amano, a prescindere dall’attendibilità delle notizie. Un team internazionale di ricercatori, a guida italiana, ha analizzato il ‘consumo’ di news in lingua inglese da parte di 376 milioni di utenti Facebook dal 2010 al 2015. Lo studio è stato pubblicato su Proceedings of the National Academy of Sciences (PNAS). Ne riferisce sulle news di Cà Foscari Enrico Costa. “Finora sembrava che la sfida fosse ‘correggere’ persone poco istruite che abboccano a notizie pseudoscientifiche e complottiste – ha commentato Fabiana Zollo, post-doc all’Università Ca’ Foscari Venezia e coautrice della ricerca – i nuovi dati dimostrano, invece, che la questione è molto più articolata e chiama in causa la crisi dell’intero sistema informativo e il disorientamento legato alla destrutturazione della società”. Gli utenti di Facebook si muovono in una ‘cassa di risonanza’ dove le informazioni che trovano sono sempre più in sintonia con i loro pregiudizi. Il fenomeno riguarda anche la fruizione di notizie sul social network: lo studio ha dimostrato come ogni utente segue un numero limitato di pagine di testate giornalistiche, con le quali non è necessariamente in totale sintonia, ma dalle quali seleziona i contenuti preferiti sulla base dei propri preconcetti, entrando a far parte di una comunità ben definita di utenti che la pensano allo stesso modo. Gli studiosi hanno guardato anche all’aspetto geografico, riscontrando che il focus delle testate è ristretto rispetto a quello dei loro, più ‘cosmopoliti’, utenti. La ‘prossimità’ sembra quindi perdere importanza tra i criteri con cui selezionare le notizie da pubblicare. Mentre i grandi player dell’informazione online, come Google e Facebook, puntano a limitare chi diffonde bufale, ‘etichettare’ le notizie verificate o creare ‘black list’ di siti produttori di notizie false – fanno notare gli autori dello studio – la principale causa della disinformazione sembra risiedere nella polarizzazione degli utenti in rete. Lo studio ‘Anatomy of news consumption on Facebook’ è stato realizzato da Ana Lucía Schmidt (CSSLab IMT Lucca), Fabiana Zollo (Dipartimento di Scienze Ambientali, Informatica e Statistica, Università Ca’ Foscari (Venezia), Michela Del Vicario (CSSLab IMT Lucca), Alessandro Bessi (IUSS Pavia), Antonio Scala (CSSLab IMT Lucca e Isc-Cnr), Guido Caldarelli (CSSLab IMT Lucca e Isc-Cnr), H. Eugene Stanley (Department of Physics, Boston University), Walter Quattrociocchi (CSSLab IMT Lucca).