Il “Journal of Biological Chemistry”, la più antica e prestigiosa rivista americana di Biochimica, ha pubblicato lo studio del team di ricerca dell’Ateneo di Padova, guidato da Vincenzo De Filippis, responsabile del Laboratorio di Chimica delle Proteine e Biochimica della Coagulazione del Dipartimento di Scienze del farmaco (DSF). La ricerca – articolo su JBC – è stata scelta tra le 50 migliori pubblicazioni dell’anno, su un totale di 6.600, per innovatività e impatto scientifico. Il gruppo padovano – Giulia Pontarollo con Laura Acquasaliente co-prime autrici dello studio con De Filippis e Daniele Peterle e Ilaria Artusi (foto) – ha concentrato l’attenzione sul ruolo della subtilisina, un enzima secreto da un batterio normalmente presente nell’intestino umano. La subtilisina – ed è questa la scoperta – è in grado di attivare il processo di coagulazione del sangue. Reagendo alla lesione di un vaso sanguigno, il nostro organismo attiva la cascata della coagulazione, una serie complessa di reazioni biochimiche sequenziali che culmina con la formazione del coagulo, una struttura semi-solida costituita da aggregati di piastrine e da lunghi polimeri di fibrina che vengono prodotti in seguito al “taglio” del fibrinogeno, una proteina fibrosa presente in abbondanza nel sangue. In condizioni normali, quindi, il coagulo funziona da “tappo” per impedire la fuoriuscita di sangue dal torrente circolatorio, solo lì dove era avvenuto il danno vascolare. Piastrine e fibrina quindi sono la conseguenza del “taglio” dovuto all’azione idrolitica (la rottura del legame avviene attraverso un meccanismo che utilizza una molecola di acqua) della α-trombina ad opera di un altro enzima attivo, il fattore X attivato (fXa), che si trova nello step precedente della cascata. Nel tempo il coagulo viene assorbito e degradato dal sistema fibrinolitico, ripristinando così una normale emodinamica. In alcune patologie – diabete di tipo 2, aterosclerosi, cancro e artrite reumatoide – l’alterazione pro-infiammatoria delle cellule che tappezzano i vasi sanguigni – le cellule endoteliali – può provocare l’attivazione indesiderata della coagulazione, con la formazione di coaguli patologici (trombi) che possono occludere i vasi in cui essi si formano e causare trombosi, infarto del miocardio e ictus cerebrale. “Nel nostro lavoro pubblicato su JBC – ha spiegato Vincenzo De Filippis – abbiamo dimostrato per la prima volta che la subtilisina, una proteasi (un enzima capace di attivare il “taglio”) secreta nell’ambiente extracellulare da un batterio non patogeno come il Bacilus subtilis, è capace di tagliare la protrombina in regioni molto diverse da quelle riconosciute dal fXa e di produrre una specie attiva di trombina, denominata σPre2, che poi è capace di formare fibrina e aggregare le piastrine. Il Bacillus subtilis è un componente importante del microbiota intestinale dell’uomo, cioè dell’insieme di microorganismi che convivono con l’organismo umano senza danneggiarlo, e viene usato anche come probiotico in numerose formulazioni farmaceutiche”. “La subtilisina rilasciata dal Bacilus subtilis – ha continuato – è un enzima sufficientemente piccolo da poter attraversare la barriera intestinale (Gut-Vascular Barrier) e passare nel torrente circolatorio, dove può contribuire ad aumentare la componente pro-coagulativa naturale del sangue. Sappiamo già che un agente esogeno come ad esempio l’ecarina, l’enzima contenuto nel veleno di vipera, sia capace di tagliare la protrombina in α-trombina attiva con modalità analoghe al fXa durante la coagulazione fisiologica. O che lo Staphylococcus aureus, un batterio patogeno responsabile di gravi infezioni, produce una proteina, la stafilocoagulasi, che si lega alla protrombina e, senza tagliarla, ne determina l’attivazione e che altri batteri patogeni, sia Gram-positivi che Gram-negativi (es: Streptococcus, Klebsiella, Meningococcus, Proteus), possono causare trombosi, anche se i meccanismi molecolari con cui essi agiscono sono ancora largamente sconosciuti”. “Questo studio – conclude De Filippis – rappresenta un primo passo che porta alla conoscenza delle interrelazioni esistenti tra microbiota, coagulazione fisiologica e trombosi. I risultati di queste ricerche, ed è questa la nuova strada che si apre, potranno essere estesi anche a batteri patogeni, andando a identificare le proteasi che sono capaci di attivare la protrombina prospettando nuove terapie”. (m.m.)