Il recente studio di Natale Canale, Alessio Vieno e Michela Lenzi dell’Università di Padova dal titolo “Relative deprivation and disordered gambling in youths” pubblicato sul «Journal of Epidemiology and Community Health» ha evidenziato come il rischio di diventare un giocatore d’azzardo patologico in adolescenza aumenta se si studia in classi con accentuate disparità economiche. Un quindicenne che vive in una famiglia più povera (rispetto ai compagni di classe che vivono in famiglie più ricche) ha quasi 7 volte in più la probabilità di diventare un giocatore d’azzardo a rischio e problematico. Secondo i dati relativi al 2016 riportati dall’Ufficio statistico dell’Unione Europea (Eurostat), in Italia quasi un quarto del reddito complessivo è percepito dal 10% della popolazione. In un contesto sempre più a rischio povertà e che accentua fortemente le disuguaglianze economiche, il gioco d’azzardo può essere visto come quel mezzo necessario per migliorare la propria condizione economica e di vita. Dal quarto Rapporto sui dati HBSC Italia 2014 è emerso che in Italia il 27% dei studenti di 11-13 anni vive in famiglie con basso benessere economico oggettivo misurato attraverso la rilevazione della presenza di beni comuni (auto, computer, stanza singola, vacanze ecc.). Completando quanto emerso da una precedente ricerca del 2017 che aveva rilevato come la propensione al gioco d’azzardo fosse maggiore nelle Regioni/Provincie con alti tassi di diseguaglianze di reddito, il lavoro pubblicato dal team di ricerca patavino formato da Natale Canale, Alessio Vieno e Michela Lenzi del Dipartimento di Psicologia dello Sviluppo e della Socializzazione dell’Università di Padova, in collaborazione con le università canadesi McGill di Montreal e Carleton di Ottawa, dimostra che i giocatori d’azzardo a rischio-problematici in adolescenza dispongono di meno risorse economiche rispetto ai compagni più ricchi della classe. I due studi analizzano un campione di 20.791 studenti 15enni italiani (dati raccolti all’interno del sistema di sorveglianza nazionale Health Behaviour in School-aged Children). Dall’analisi emerge come le diseguaglianze economiche, sia in un contesto più ampio di regione sia in uno più ristretto di classe scolastica, spingono all’azzardo i giovani. In regioni con maggiori livelli di diseguaglianze di reddito (dove i redditi non sono uniformemente ripartiti su tutta la popolazione) si gioca di più e con maggiore problematicità rispetto alle regioni con una più equa distribuzione dei redditi. Per esempio, se in Campania, Calabria e Sicilia quasi un quindicenne su due ha giocato d’azzardo almeno una volta nella vita (e uno su dieci è già a rischio o problematico), in regioni come la Val d’Aosta e nella provincia di Trento circa uno su quattro ha già avuto delle esperienze di gioco d’azzardo nella vita (con solo il 2% che presenta un gioco d’azzardo a rischio e problematico). Emerge inoltre che i quindicenni che vivono in famiglie più povere (rispetto ai compagni di classe che vivono in famiglie più ricche) hanno quasi 7 volte in più la probabilità di diventare un giocatore d’azzardo a rischio e problematico. Tuttavia, tra questi quindicenni, spicca una quota di “resilienti”: studenti e studentesse che pur provenendo da ambienti più svantaggiati rispetto ai compagni più ricchi incorrono meno in forme a rischio-problematiche di gioco grazie al fatto di avere delle amicizie più sincere e supportive con i pari. “In definitiva”, ha detto il professor Alessio Vieno (foto ateneo Pd) del Dipartimento di Psicologia dello Sviluppo e della Socializzazione dell’Università di Padova “lo studio conferma che l’assunzione di comportamenti problematici in relazione al gambling è fortemente associata alle diseguaglianze economiche che possono essere percepite dagli studenti, delineando una sorta di tendenza nei giovani di credere che una vincita al gioco d’azzardo possa fornire loro quelle risorse economiche necessarie per raggiungere dei beni e/o desideri e/o status sociale che credono di meritare, ma che sono difficili da raggiungere con altri mezzi (per esempio con lavoretti saltuari) o con le limitate risorse della propria famiglia. Poiché il rischio di povertà e le disuguaglianze economiche nel nostro Paese» continua Vieno «continuano ad aumentare i risultati di questo studio suggeriscono la necessità, da un lato, di limitare il più possibile i meccanismi di confronto sociale in materia di agiatezza/ricchezza familiare all’interno delle classi e, dall’altro, di favorire lo sviluppo di amicizie sane, sincere e supportive. Inoltre a livello più strutturale servono delle politiche concrete di contrasto alle diseguaglianze economiche dei cittadini”. (M.M.)
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