Cinquantacinque miliardi di euro: è il costo sostenuto dai consumatori dell’Unione Europea per prodotti da pesca e acquacoltura, ma più della metà dei consumi è coperta da prodotto importato, soprattutto dall’Asia. Intervenire sull’acquacoltura europea è cruciale per garantire sicurezza alimentare. Un progetto europeo a guida cafoscarina, finanziato dal programma Horizon 2020, si occuperà proprio di questo. Il progetto GAIN sarà lanciato il 22 e 23 maggio 2018 con il primo meeting tra i partner, in programma a Ca’ Dolfin. Si tratta di GAIN (Green Aquaculture INtensification in Europe), progetto da 6 milioni di euro, con 21 partecipanti accademici e industriali da Europa, Canada, Cina e Stati Uniti, coordinati da Roberto Pastres, professore di Ecologia al Dipartimento di Scienze Ambientali, Informatica e Statistica. Di questo ha scritto sul magazinenews di Cà Foscari Enrico Costa. “Ci occuperemo della sostenibilità dell’acquacoltura da tutti i punti di vista – ha spiegato Pastres – applicando i principi dell’economia circolare a mangimi innovativi, ottenuti valorizzando microalghe e ingredienti derivanti da sottoprodotti, ed introducendo tecnologie avanzate nella gestione degli allevamenti per ridurre gli sprechi di materia ed energia. Il nostro obiettivo è dimostrare come, in questo modo, sia possibile diminuire l’impatto ambientale dell’acquacoltura: a questo fine saranno elaborati nuovi indicatori di sostenibilità ambientale ed economica”. L’innovatività tecnologica del progetto sarà garantita dalla presenza tra i partner di numerose aziende e in particolare di IBM Irlanda. Saranno i computer, infatti, a fornire all’allevatore via “app” informazioni preziose per gestire in maniera ottimale la vita dell’allevamento, grazie a sensori, dati satellitari sulla qualità dell’acqua, sistemi di Internet of Things in grado di regolare, ad esempio, l’alimentazione dei pesci in base alla situazione ambientale. La tecnologia promette un’acquacoltura di precisione, sostenibile, e attenta al benessere degli animali, grazie ad un costante monitoraggio delle loro condizioni e dell’ambiente in cui vivono, riducendo così sprechi e l’uso di farmaci. La ricerca si occuperà, quindi, di studiare e proporre vere e proprie politiche di welfare per il benessere dei pesci, che si tradurranno in un miglior prodotto che arriva nei mercati e sul piatto. Lo studio riguarderà anche aspetti di marketing. “Serve innovazione anche nella proposta commerciale dell’acquacoltura sostenibile”, ha sostenuto il prof.Pastres, altrimenti il consumatore non percepirà la differenza in qualità tra il pesce allevato in modo intensivo rispetto al prodotto di un’acquacoltura attenta all’ambiente e alla qualità.