“Parlando di montagna, l’immagine che mi sento di usare è proprio quella di chi sta camminando lungo un crinale che può essere pericoloso se non viene affrontato con preparazione, competenza, equilibrio e consapevolezza delle conseguenze di ogni passo e movimento; ma è un percorso obbligato, al quale non ci si può sottrarre, perché rimanere fermi, immobili, ignavi o peggio ancora, pensare di tornare indietro, sono opzioni non date. La sopravvivenza delle nostre comunità nei territori montani ci impone questo rischioso passaggio tra il dover salvaguardare un ambiente prezioso e delicato e assicurare nel contempo le condizioni per impedire la desertificazione sociale di luoghi che, se abbandonati, non sarebbero più comunque gli stessi”. Usa una metafora l’assessore veneto al turismo Federico Caner per spiegare le motivazioni che stanno alla base del progetto, lanciato dalla Regione, di collegamento tra loro delle aree sciistiche delle Dolomiti del Veneto e delle confinanti province di Trento e Bolzano. “Ho letto alcune valutazioni critiche sulla realizzazione di nuovi impianti e piste – prosegue l’assessore – e ritengo apprezzabili e doverosi l’impegno e l’attenzione per impedire che uno straordinario patrimonio come le Dolomiti possa essere deturpato, ma non sarà certamente la realizzazione di queste nuove connessioni a determinare quegli scenari apocalittici che qualcuno ha strumentalmente dipinto. La Regione non vuole buttare via soldi e tanto meno distruggere un’ambiente e una natura che sono il presupposto stesso di quell’economia turistica che cerchiamo di ottimizzare. La logica che spinge a lavorare a un potenziamento dell’offerta non è quella di uno sviluppo incondizionato e senza limiti, ma quella di attuare degli interventi che siano innovativi e migliorativi anche dal punto di vista ambientale rispetto alla realtà di oggi. In questo senso, i nuovi impianti a fune favoriranno la diminuzione del traffico, la soppressione dei collegamenti tra i comprensori sciistici effettuati oggi con servizi navetta, che producono sia inquinamento atmosferico che acustico”.
“Dovendo scegliere – conclude Caner – tra il lasciar morire con una lenta e certa agonia i piccoli paesi e le comunità delle ‘terre alte’, cancellando così anche quei presidi umani che sono una presenza irrinunciabile di controllo, custodia e manutenzione del territorio, e cercare soluzioni di sviluppo sostenibile, che possano contemplare anche dei sacrifici misurati e tollerabili sul piano paesaggistico e ambientale, non ho dubbi: scelgo quest’ultima strada, non mi arrendo di fronte a quella che troppi considerano una perdita ineluttabile conseguente all’impoverimento e allo spopolamento. Con buon senso, prudenza e coraggio la nostra montagna può continuare a essere viva e vitale”. (ph arch.)
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