La caccia ai pianeti extrasolari con possibili forme di vita e l’ultimo annuncio in ordine di tempo è arrivata dalla Nasa. Secondo uno studio pubblicato su “Nature” intorno a una stella nana rossa, Trappist-1, orbitano sette pianeti di dimensione e massa simili alla Terra, tre dei quali si trovano nella zona abitabile, vale a dire a una distanza tale dalla stella madre da consentire la presenza di acqua allo stato liquido sulla superficie del pianeta. E se negli Stati Uniti si concentreranno sull’analisi del sistema planetario, l’Europa si prepara – con un importante contributo da Padova – al lancio di due satelliti (Cheops nel 2018 e Plato nel 2025), realizzati proprio per lo studio e la scoperta di pianeti extrasolari. sU queste ricerche fa il punto sul giornale il Bo dell’Ateneo Monica Panetto la quale annota che il nuovo sistema di pianeti presenta caratteristiche interessanti. “È la prima volta – ha puntualizzato Giampaolo Piotto, docente del dipartimento di Fisica e Astronomia “G. Galilei” dell’università di Padova coinvolto nei progetti Cheops e Plato – che viene osservato un sistema extrasolare con un numero di pianeti così elevato, di cui tre nella zona abitabile. Ciò significa essere vicini a un sistema planetario simile al nostro sistema solare in cui, se le caratteristiche atmosferiche sono quelle adatte, potrebbe esserci acqua allo stato liquido. Il condizionale tuttavia è d’obbligo dato che nel nostro sistema solare Venere, Marte e la Terra si trovano nella zona abitabile, dunque in condizioni che potenzialmente potrebbero permettere la vita, eppure solo sulla Terra la vita esiste”. Piotto ha aggiunto che: “Va considerato che noi oggi conosciamo più di 3.500 pianeti e di questi una decina potrebbero trovarsi nella zona di abitabilità, potenzialmente dunque avere acqua liquida in superficie. I tre pianeti, dei sette individuati dalla Nasa, potrebbero essere tra i primi candidati a essere studiati”. Padova è coinvolta in modo particolare nello studio dei sistemi extrasolari con l’Agenzia spaziale europea, con la partecipazione ai progetti Cheops (CHaracterising ExOPlanets Satellite) e Plato (Planetary Transits and Oscillations of Stars). La prima missione, a cui prendono parte ricercatori dell’università e dell’Inaf-Osservatorio astronomico di Padova, prevede il lancio di un satellite che servirà a studiare le caratteristiche dei pianeti extrasolari già noti, per determinare se questi sono rocciosi, come la Terra o Venere, o gassosi come Giove o Saturno. Si tratta di un dato particolarmente significativo se si considera che, volendo individuare pianeti con possibili forme di vita, sarà necessario concentrarsi su quelli di tipo roccioso con una atmosfera in grado di proteggere la vita nella sua fase embrionale, invece che sui secondi in cui è altamente improbabile lo sviluppo di qualsiasi forma di vita. Ebbene l’“occhio” di Cheops, il telescopio progettato dai ricercatori dell’Inaf coordinati da Roberto Regazzoni e costruito in Italia, sarà assemblato sul satellite presumibilmente tra aprile e maggio e a metà 2018, un po’ più tardi rispetto a quanto previsto in un primo momento, sarà lanciato nello spazio. Si dovrà attendere ancora, segnala Monica Panetto, qualche anno per il lancio di Plato (Planetary Transits and Oscillations of Stars), un secondo satellite altamente sofisticato che vede coinvolti ancora l’università di Padova e l’Inaf e che avrà a bordo ben 34 telescopi progettati sempre a Padova grazie ai quali sarà possibile individuare molti altri nuovi pianeti extrasolari. Intanto si sta lavorando anche all’Extremely Large Telescope, il più imponente telescopio ottico/vicino-infrarosso della storia, che secondo le previsioni dovrebbe essere ultimato nel 2024. In questo caso l’Inaf si occuperà della progettazione e costruzione di “Maory” (Multi-conjugate adaptive optics relay), un sistema di ottiche adattive che verrà installato su E-Elt e avrà il coordinamento del consorzio Hires (High resolution spectrograph) per la realizzazione di uno spettrografo ad alta risoluzione che sarà posto sul telescopio.