La seconda sezione del Tar della Lombardia ha dato ragione al comune di Cantù che aveva a giugno 2017 “invitato”, con ordinanza, una associazione culturale islamica a non usare un capannone, quello sito in via Milano, come luogo di preghiera, soprattutto in occasione del Ramadam ed altre festività islamiche. I giudici ammistrativi hanno respinto nel merito il ricorso dell’associazione “Assalam” contro la decisione comunale. Questa la motivazione della Tar, come riferito dai media e dall’Ansa: “il rilevante numero di persone che entra nell’immobile, in occasione delle feste religiose” rappresenta un utilizzo “dei locali che, per la sua incidenza urbanistica ed edilizia, necessita del previo rilascio di un permesso di costruire” specifico. In concreto, il Tar ha sostenuto che un capannone costruito per uso commerciale, industriale o artigianale non può essere utilizzato come un “luogo di culto”, dove entrano centinaia di persone in occasione delle “feste religiose” con un rilevante impatto urbanistico. Lo scrive il Tar della Lombardia nella sentenza con cui ha confermato il provvedimento del Comune di Cantù (Como) con il quale l’amministrazione ha ordinato all’associazione culturale ‘Assalam’ di smetterla di servirsi di un immobile di via Milano, al centro di polemiche negli ultimi anni. Per i giudici amministrativi, inoltre, “la tesi dell’associazione, la quale sosteneva che non essendo vietata espressamente la destinazione a luogo di culto è implicitamente autorizzata, non può essere accolta”. Dopo che gli islamici, nonostante gli ammonimenti, avevano comunque continuato a riunirsi a pregare nel capannone, l’amministrazione di Cantù aveva deciso di procedere per vie legali, arrivando alla decisione di togliere la proprietà dell’edificio all’associazione per farlo diventare patrimonio del Comune. I giudici, accogliendo una parte del ricorso dell’associazione, hanno invece annullato il provvedimento che aveva intimato “la consegna delle chiavi”. L’immobile, dunque, resta di proprietà della comunità islamica, che però non potrà più utilizzarlo come luogo di preghiera. “Si tratta di una vittoria storica – così si è espresso il canturino sottosegretario all’interno Nicola Molteni – Finalmente è stata ripristinata la legge e la legalità”. L’avvocato della “Assalam” Vincenzo Latorraca ha preso atto che il Tar ha confermato la proprietà della moschea ma ha sostenuto di non ritenere corretta “la decisione” e che presenterà ricorso in appello. (Nella foto una chiesa sconsacrata di Venezia poi divenuta moschea e, dopo interventi vari, è stata chiusa).