Secondo uno studio condotto da un team di archeozoologi dell’Università di Ferrara, in collaborazione con i colleghi della Sezione di Bioarchaeologia del Museo nazionale Preistorico Pigorini di Roma, della Sezione di Preistoria del MUSE (Museo delle Scienze di Trento) e del Dipartimento di Beni Culturali dell’Università di Bologna, l’uomo di Neanderthal, vissuto oltre 40 mila anni fa, cacciava l’orso delle caverne e l’orso bruno e ne mangiava le carni mentre lavorava le pelli per coprirsi dal freddo. La scoperta, pubblicata sul numero di febbraio del Journal of Archeological Science, è avvenuta grazie all’analisi di numerosi ritrovamenti di ossa di orso in due siti archeologici sulle Alpi italiane: la poco conosciuta Grotta del Rio Secco, nelle Alpi Carniche, e la Grotta di Fumane, che si trova sui Monti Lessini e rappresenta uno dei più importanti archivi del Paleolitico dell’Europa mediterranea. La Grotta di Fumane (Verona) è conosciuta come uno dei maggiori monumenti della presistoria antica; negli anni ’60 l’archeologo G. Solinas scoprì quello che è chiamato appunto “Riparo Solinas” o semplicemente “Grotta di Fumane”. “Eccezionale è il numero di ossa che mostrano strie di macellazione provocate dai taglienti coltelli di pietra”, ha spiegato il professor Marco Peresani di Unife, coordinatore dello studio. “Le tracce dei tagli si distribuiscono sulle falangi, sui femori e sulle costole e provano l’asportazione della pelliccia, delle masse carnee e del midollo per mezzo della fratturazione intenzionale delle ossa; non si esclude la cottura della carne. In coerenza con i dati archeologici, i confronti etnografici testimoniano pratiche di depezzamento e scuoiamento quasi sempre all’ingresso delle tane, con cura e attenzione al prelievo della pelliccia“, ha continuato Peresani. Un altro aspetto interessante dello studi riguarda la capacità dell’uomo di Neanderthal di mettere in atto tecniche venatorie molto raffinate, dato che le specie predate sono tra i più grandi rappresentanti dell’ordine dei carnivori. “La presenza di cuccioli a Rio Secco e a Fumane suggerisce che gli animali venivano abbattuti durante o alla fine del letargo”ha aggiunto il ricercatore Matteo Romandini, attualmente in attività presso l’Università di Bologna. Per gli studiosi, l’importanza di questa scoperta nelle grotte italiane è giustificata dalla rarità dei Neanderthal in Europa e al margine delle Alpi, e apporta un importante contributo al dibattito in atto da più di un secolo. Il prof. Peresani ha infine ricordato che “alcuni ritrovamenti nelle Alpi svizzere della prima metà del XX secolo avevano portato gli archeologi a pensare che i Neanderthal cacciassero in modo intensivo l’orso delle caverne, provocando grandi accumuli di ossa, venerandone le vestigie e posizionandone i crani su altari di pietra. Le ricerche successive però confutarono questa ipotesi, che viene invece confermata con il nostro studio”.