Le abilità cognitive di un individuo sono legate alla capacità di attenzione e alla velocità di risposta agli stimoli esterni, che con l’invecchiamento e a causa di patologie neurologiche, possono diventare deficitarie. I ricercatori dell’IIT-Istituto Italiano di Tecnologia a Rovereto (Trento) hanno identificato una tecnica non invasiva che in soli 20 minuti è in grado di stimolare il cervello e potenziarne le capacità di apprendimento (foto). La tecnica potrebbe avere ricadute importanti sui programmi di riabilitazione per pazienti neurologici che non possono sostenere lunghe sedute di riabilitazione, come per esempio persone colpite da ictus.  La ricerca è stata pubblicata dalla rivista internazionale Journal of Cognitive Neuroscience ed è stata coordinata da Lorella Battelli, ricercatrice all’IIT di Rovereto e della Harvard Medical School di Boston. Il lavoro ha ricevuto il supporto da parte della Provincia Autonoma di Trento nell’ambito del progetto Attend, in collaborazione con l’Università degli Studi di Trento e la Fondazione Bruno Kessler. Il lavoro di ricerca, spiega una nota, è nato dalla necessità di mettere a punto delle tecniche che potenziassero l’apprendimento di un individuo in modo molto rapido e non invasivo, intervenendo sulle aree del cervello deputate all’analisi dell’informazione visiva attentiva, ovvero una funzione fondamentale per svolgere le attività di ogni giorno,come prestare attenzione mentre si guida, cercare una persona nella folla, o studiare un testo scritto. I ricercatori hanno utilizzato un nuovo tipo di stimolazione transcranica, la stimolazione transcranica a correnti dirette con frequenze casuali (tRNS), cioè un metodo indolore che permette di stimolare i neuroni attraverso correnti alternate a bassa intensità. I ricercatori hanno sottoposto 72 soggetti adulti sani al nuovo tipo di stimolazione transcranica, eccitandodiverse aree celebrali e osservandoli nell’esecuzione di compiti di tipo visivo attentivo. Il compito da svolgere era l’identificazione dell’ordine di successione di due immagini presentate a pochi millisecondi di differenza una dopo l’altra. Gli intervalli temporali variavano da 8 (condizione più difficile) a 75 millisecondi (condizione più facile). I ricercatori hanno scoperto che i soggetti sottoposti alla stimolazione nelle aree coinvolte nell’analisi di informazioni temporali (le aree parietali), rispondevano in modo migliore, determinando correttamente l’ordine temporale degli stimoli anche ad intervalli molto piccoli, indicando quindi una maggiore capacità attentiva e una risoluzione temporale molto più precisa. La procedura di stimolazione, per essere efficace, non ha richiesto tempi più lunghi di 20 minuti e di una sola seduta. Un risultato che fornisce pertanto indicazioni importanti per lo sviluppo di tecniche riabilitative più efficaci se associate alla neurostimolazione. Per pazienti con disturbi attentivi in seguito ad ictus, la neurostimolazione potrebbe facilitare e accelerare significativamente il recupero cognitivo.

 

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