Dal 14 settembre, entrato in vigore il decreto legislativo 104, approvato il 10 agosto scorso e riguardante l’attuazione della Direttiva Europea sulle armi. L’Italia naturalmente aveva già una legge sul possesso di armi da fuoco e, con il recepimento della direttiva europea 853/2017 (che modifica la precedente direttiva Ue 477/1991), ha variato diversi suoi punti. Il decreto legislativo approvato dal governo Conte si sussegue a quello approvato, in esame preliminare il 17 maggio 2017 , dal precedente governo Gentiloni che aveva però recepito la direttiva europea con alcune differenze rispetto al decreto 104, in particolar modo per quanto riguarda l’obbligo di avvisare i familiari conviventi maggiorenni del possesso di arma da fuoco. Su che cosa cambia lo ha spiegato Antonio Massariolo sul Bo Live, il giornale web dell’università di Padova (foto UniPd). Per quanto riguarda la durata delle licenze di porto d’armi ad uso caccia e a sportivo passa da 6 a 5 anni.ritto Rimane annuale il porto d’armi per difesa personale. Chi possiede armi o parti di esse, comprese le munizioni, deve farne denuncia entro le 72 ore successive all’acquisizione. L’attuazione della direttiva permette di fare denuncia anche per via telematica, via Pec agli uffici preposti (ufficio locale di pubblica sicurezza o… al locale comando dell’Arma dei carabinieri) o direttamente alla Questura competente per territorio. La denuncia è necessaria per i soli caricatori in grado di contenere un numero superiore a 10 colpi per le armi lunghe e un numero superiore a 20 colpi per le armi corte. Il decreto approvato dal governo Conte elimina qualsiasi obbligo di attestare con un’autocertificazione, di aver informato i propri conviventi maggiorenni del possesso di arma da fuoco. Dal punto di vista del certificato medico il nuovo decreto parla chiaro: “chiunque detiene armi comuni da sparo, ad eccezione dei collezionisti di armi antiche, senza essere in possesso di alcuna licenza di porto d’armi, è tenuto a presentare ogni cinque anni la certificazione medica”. Sono esentati i collezionisti di armi antiche e chi è titolare di licenza di porto d’armi, che ha comunque l’obbligo di presentazione del certificato con la richiesta di licenza”. Uno dei punti più controversi del nuovo decreto è il numero di armi che si possono possedere. La normativa appena approvata infatti porta da 6 a 12 il numero di armi sportive detenibili. Il decreto approvato prevede che l’acquisto, la detenzione e l’uso di armi appartenenti alle categorie A6 e A7 e di caricatori di capacità superiore ai limiti stabiliti sono consentiti solo “ai tiratori sportivi iscritti a federazioni sportive di tiro riconosciute dal CONI nonché gli iscritti alle federazioni di altri Paesi UE, agli iscritti alle Sezioni del Tiro a Segno nazionale, agli appartenenti alle associazioni sportive dilettantistiche affiliate al CONI”. Le armi di categoria A6 e A7 sono quelle armi comunemente dette le armi demilitarizzate, cioè quelle che una volta erano utilizzate per scopi militari e che, con delle modifiche, sono state rese non automatiche e quindi non più in grado di sparare a raffica. Fanno parte di questa categoria i fucili Kalashnikov Ak47, Ar 70/90, Fal Bm 59 e simili. Questo significa che chiunque sia iscritto ad un’associazione sportiva dilettantistica, può possedere una di queste armi. Anche la capacità massima del caricatore aumenta a 20 per le armi corte ed a 10 per le armi lunghe. Fino all’approvazione del decreto 104 i colpi consentiti erano rispettivamente 15 e 5. In Europa il possesso di armi da fuoco è presente in numero ben inferiore rispetto a quello degli Stati Uniti. La presenza maggiore la ritroviamo in Svizzera in cui ogni 100 abitanti ci sono 45,7 armi. Il paese è piuttosto liberale per quanto riguarda il possesso di armi da fuoco. La detenzione e l’uso infatti sono regolati dalla Legge federale sulle armi (RS 514.54) che di fatto riporta che chiunque intenda acquistare un’arma o una parte essenziale di arma necessita di un permesso d’acquisto di armi che, di norma, dura sei mesi. Ci sono poi le armi che sono proprio vietate, come quelle da fuoco automatiche (per il tiro a raffica), ordigni militari, coltelli e pugnali, dispositivi che producono un elettrochoc o accessori di armi, come silenziatori, lanciagranate o laser per il puntamento notturno. La Svizzera però è anche li paese europeo con la proporzione più alta tra gli omicidi con armi da fuoco. Secondo uno studio del 2015 del dipartimento di criminologia dell’università di Liegi infatti, il 47,83 % degli omicidi svizzeri avviene con una pistola o simili. L’Italia non è distante e, pur avendo 11,9 armi da fuoco per 100 abitanti, ha una percentuale del 39,51.