Un ampio bacino di fenomeni spesso finisce nel calderone del termine fake news: la diffusione di notizie fabbricate, notizie non verificate, teorie del complotto, errori di stampa, certa propaganda politica, vignette satiriche usate impropriamente come fonte giornalistica. Persino nel linguaggio politico si è arrivati ad adottare la strategia di etichettare come fake un dato portato dall’avversario per screditarlo. Il fatto è che siamo investiti da un sovraccarico di informazione (information overload), ogni 60 secondi al mondo vengono pubblicati 3,3 milioni di post su Facebook, più di 500.000 tweet, vengono spedite quasi 150.000 e-mail ed effettuate 4 milioni di ricerche su Google (dati da smartinsights.com). Orientarsi in questo mare magnum informativo diventa cruciale. Uno studio del Media Lab del Mit di Boston pubblicato su Science ha provato a farlo analizzando i percorsi di diffusione di circa 126.000 storie (classificate come vere o false con un’attendibilità maggiore del 95%) pubblicate su Twitter dal 2006 al 2017 da circa 3 milioni di persone per oltre 4,5 milioni di volte. I risultati mostrano che una notizia falsa ha il 70% in più di probabilità di essere ritwittata di una notizia vera, qualsiasi sia l’argomento trattato (leggende urbane, affari, terrorismo, scienza, spettacolo e ambiente). Tra le notizie false, le più efficaci sono quelle che riguardano la politica, viaggiando al triplo della velocità di ogni altra notizia falsa, raggiungendo il doppio delle persone. E’ noto che i ricercatori ritengono che mentre una notizia vera suscita emozioni come anticipazione, tristezza, gioia e fiducia, una notizia falsa suscita paura e disgusto e viene percepita come “più nuova” rispetto a una notizia vera. “Lo studio è molto rigoroso, parte da notizie che sono già state sottoposte a fact checking sia da siti indipendenti sia da studenti del Mit ed evidenzia quanto sia difficile fermare una fake news una volta che è stata creata”, ha riportato al Bo Magazine Fabiana Zollo, ricercatrice al Laboratory of data science and complexity dell’università Ca’ Foscari di Venezia, diretto da Walter Quattrociocchi (i risultati dei suoi studi sono stati inclusi nel Global Risk Report 2017 del World Economic Forum). Ha sviluppato un puntuale servizio su questo argomento sul giornale Il Bo Francesco Suman il quale ha fatto presente  che lo studio utilizza notizie già verificate, tuttavia non sempre è possibile stabilire una distinzione netta tra una notizia vera e una falsa. “Da un lato esistono certe notizie la cui veridicità è possibile stabilire in maniera abbastanza rapida, prendiamo le scie chimiche; ma la maggior parte delle volte operare questa distinzione non è così facile, perché dipende dal modo in cui vengono raccontate, magari viene omesso qualche piccolo dettaglio, o magari è propaganda”. Esistono poi casi più delicati ancora: “Volendo fare un esempio molto estremo, pensiamo a persone che hanno un differente credo religioso, lì è possibile stabilire che cosa è vero e cosa è falso?”. Il gruppo di ricerca di Fabiana Zollo ha adottato sempre un approccio differente rispetto allo studio pubblicato su Science. “Nei nostri lavori per scelta non abbiamo operato alcun giudizio sul contenuto delle notizie che abbiamo trattato, perché non è sempre possibile decidere cosa sia vero e cosa sia falso. Abbiamo invece tentato di indagare il problema a monte. Noi tutti siamo umani e siamo soggetti a certi bias cognitivi, in questo senso gli scienziati non sono migliori dei complottisti. E abbiamo trovato due fattori chiave: la polarizzazione e il confirmation bias (o pregiudizio di conferma – ndr)”. Nell’intervista, con Suman, Fabianza Zollo ha spiegato in cosa consistono questi due concetti. “A partire da questa polarizzazione abbiamo poi tentato di individuare gli argomenti che potrebbero diventare più facilmente di altri oggetto di fake news. Nel nostro ultimo lavoro mostriamo che gli argomenti più polarizzanti sono anche quelli che più facilmente diventeranno oggetto di fake news”. Un altro lavoro pubblicato su Plos One nel 2017 mostra come gli effetti della polarizzazione siano tali che le azioni di debunking (lo smascheramento delle bufale) invece di persuadere l’interlocutore spesso hanno l’effetto contrario, cioè quello di rafforzare le sue posizioni di partenza (backfire effect). Smontare una per una le fake news o tentare di arginarne la diffusione equivale quindi a tappare con un dito il buco nella diga. La strategia da adottare – secondo Fabiana Zollo – è piuttosto la prevenzione: “se vogliamo evitare il proliferare di fake news dobbiamo pensare ad agire in maniera differente sul piano comunicativo, in direzione di depolarizzare il più possibile la discussione. Dovremmo abbassare i toni che alimentano la polarizzazione e incentivare il dialogo tra comunità che hanno diverse visioni“.

 

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