Difficile questione quella dei nitrati, con un rimpallo di colpe tra agricoltura e gli altri settori che si rincorre dal lontano 1991 quando una direttiva comunitaria impose agli stati membri regolamentazioni ferree in materia di fertilizzazioni dei terreni. Su pressione di Coldiretti che non ci stava ad attribuire solo all’agricoltura le colpe dell’inquinamento da azoto nitrico sono stati prodotti più approfondimenti scientifici sul contributo delle varie fonti di pressione sullo stato degli acquiferi.  I dati di monitoraggio raccolti nell’arco di tempo in Veneto impongono ora una rivalutazione della zonizzazione delle aree vulnerabili ai nitrati di origine agricola. Vale la pena di ricordare che, nel 2006, l’avvio della procedura di infrazione a carico anche del Veneto, ha fortemente condizionato la designazione, prescrivendo, tra l’altro, zone che dallo studio regionale elaborato sei anni prima, non manifestavano i crismi per la perimetrazione. Questo appesantimento, non solo burocratico, è stato sopportato soprattutto dagli allevamenti che, si trovano in una fase congiunturale molto difficile dal lato economico: il prezzo del latte in costante calo, il settore suinicolo tra alti e bassi è sempre sotto il costo di produzione, per la carne bovina con la nuova Politica Agricola Comunitaria si prospettano gravi difficoltà, resiste solo il settore avicolo, che deve comunque ristrutturarsi per avere più appeal sul mercato. A livello nazionale, con la piena condivisione delle Regioni della Pianura Padano-Veneta, è stato avviato un processo per la revisione delle superfici sensibili vulnerabili che, recentemente, ha determinato la proposta congiunta dei ministri dell’Agricoltura, Maurizio Martina, e dell’Ambiente, Gianluca Galletti, volta ad accelerare i tempi, prevedendo la presentazione il 17 marzo da parte delle Regioni interessate delle proposte per la revisione delle superfici sensibili.

 

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