Natura e Cultura nei riconoscimenti Unesco: il convegno internazionale, in corso a Trento fino al 4 dic. (foto Prov.Tn), ha affrontato il tema delle candidature Unesco miste naturali e culturali. Un’occasione importante per far dialogare saperi e testimonianze, esperienze esistenti e buone pratiche al fine di costruire un percorso di candidatura del Monte Baldo a Bene Patrimonio dell’Umanità, come ha ricordato l’assessore Mario Tonina in apertura dei lavori. A unire gli interventi dei relatori di diverse estrazioni è stata la convinzione, supportata anche da valenze scientifiche, che i concetti di Natura e Cultura non possono più correre paralleli, bensì devono intrecciarsi. Per salvare il pianeta serve conoscenza, educazione, elementi importanti per formare corretti rapporti politici: ne ha parlato anche il metereologo Luca Mercalli. Nelle tre sessioni del convegno “Natura e cultura. Nei riconoscimenti Unesco un approccio possibile” viene affrontato il tema dei profili storici, culturali e naturali dei Beni Unesco con particolari focus su alcuni esempi di candidature “miste”, come “Langhe, Roero e Monferrato”, “Siti Unesco della Lombardia” e” L’ipotesi di candidatura mista del Monte Baldo”. A parlarne sono stati invitati ricercatori ed esperti di primo piano, le cui riflessioni, approfondimenti e stimoli scientifici aiuteranno a costruire un vivere consapevole nei luoghi della biodiversità. In particolare, nella terza sessione, martedì 4 dicembre, verranno approfondite le eccellenze a sostegno della candidatura del Monte Baldo a Bene Patrimonio dell’Umanità. Il Trentino, a questo riguardo, è terra virtuosa, come è stato sostenuto dai relatori. Oltre il 90% del territorio gode di protezione ambientale e, come è stato più volte ricordato, sono più d’uno i riconoscimenti dei Beni del Patrimonio Unesco in provincia: le Dolomiti, i Siti palafitticoli preistorici di Ledro e Fiavé, l’Adamello Brenta Unesco Global Geopark, il programma MAB Alpi Ledrensi e Judicaria. La possibilità di una candidatura del Monte Baldo quale bene di carattere naturale e culturale va appunto in questa direzione, in quanto – come ha ribadito Marco Armiero, direttore del Laboratorio KTH di Stoccolma – «il progetto Monte Baldo mette insieme le bellezze della natura poco contaminata, con le memorie e i racconti», insomma, l’identità della montagna come strumento per conoscere e come incontro tra cultura e materialità. Il Monte Baldo rappresenta un patrimonio di biodiversità dall’elevato valore naturalistico, in considerazione anche dell’importanza dell’area come luogo di interesse botanico per una comunità scientifica che ha i suoi primordi nei botanici e nei farmacisti fin dalla fine del Quattrocento. La candidatura del Monte Baldo è un progetto di sostegno alla consapevolezza del valore nelle Comunità locali e quindi di sviluppo sostenibile per un’area montana, con un respiro così ampio da potersi candidare ad occasione di educazione» ha ribadito Giuliana Cristoforetti, dirigente della Provincia autonoma di Trento. Sul Baldo (0,2% del territorio alpino) scorrono cinque secoli di ricerca botanica e cresce il 40% della flora delle Alpi. Partendo proprio dalla storia climatica del Monte Baldo – montagna che si è salvata dall’ultima grande glaciazione emergendo tra due lingue di ghiacco dando così vita ai preziosi suoi enedemismi vegetazionali e animali – Luca Mercalli, direttore della Società Metereologica Italiana, ha messo in guardia sulla situazione «tragica» in cui versa il pianeta. L’uomo, che ormai ha superato l’era dell’olocene e vive dell’era dell’antropocene – iniziata nel 1945 con il lancio della bomba atomica – deve impegnarsi in uno sforzo senza precedenti se non vuole la distruzione della terra. L’equilibrio tra risorse e loro sfruttamento – ha sottolineato Mercalli – è già stato superato negli anni Settanta e si è quindi di fronte a un bivio: o continuare sul modello businness-as-usual che vuole più consumatori, ma «una crescita esponenziale in un territorio finito come la terra può solo collassare», oppure si «decresce» e, allora tutte le scienze umane si devono impegnare in questa direzione. Nel primo caso l’aumento della temperatura con tutte le sue conseguenze, dovuto all’effetto serra – danni già preconizzati agli inizi del Novecento – è misurabile in 5 gradi in più alla fine del 2100. Nel secondo caso, anche se si è in parte già in ritardo, l’aumento sarebbe di 2 gradi: l’uomo, stando all’Agenda 2030, ha infatti ancora «qualche anno per riportarsi in una situazione di sicurezza, altrimenti la caduta sarà irreversibile». Occorre “uno sforzo senza precedenti, ma se ne parla poco” ha concluso Mercalli: servono, tra le altre cose, energie rinnovabili ed efficienza energetica nelle abitazioni, produrre meno rifiuti, riciclare e fare compost, mobilità elettrica, telelavoro, diete a prevalenza vegetariana.