Mi ritrovai orgogliosa proprietaria di dodici fantastici (artefatti): si trattava di maschere e sculture della Nuova Guinea, del Congo Belga, del Sudan Francese, del Perù, del Brasile, del Messico e della Nuova Irlanda. Peggy Guggenheim, Una vita per l’arte, Rizzoli,Milano 1982#MigratingObjects. Migrating Objects. Arte dall’Africa, dall’Oceania e dalle Americhe nella Collezione Peggy Guggenheim mette in luce un episodio meno conosciuto ma decisamente significativo del collezionismo di Peggy Guggenheim. Passata alla storia per aver sfidato le convenzioni come collezionista e mecenate, e da sempre celebrata per la sua collezione d’arte moderna europea e americana, nel corso degli anni ’50 e ’60 Peggy Guggenheim inizia a guardare oltre i confini dell’Europa e degli Stati Uniti interessandosi all’arte dell’Africa, dell’Oceania e delle culture indigene delle Americhe. Ellen McBreen presenta la mostra costituita da 35 opere di arte non occidentale vengono esposte per la prima volta tutte insieme a Palazzo Venier dei Leoni rivelando un nucleo della collezione della mecenate raramente visibile al grande pubblico. Aspetto assolutamente inedito di questo originale percorso espositivo è la presentazione di questi oggetti in gruppi che privilegiano i contesti originari o, in alternativa, in dialogo con alcuni capolavori delle avanguardie europee in collezione di artisti che si appropriarono delle idee di tali culture extra-europee. Questi due approcci divergenti permettono di gettare nuova luce sulle letture errate imposte dalla cultura occidentale rispetto a tali oggetti.”Migrating Objects” – La mostra in pillole #1.Quale è il rapporto che lega una figura di reliquario Kota e l’arte di Pablo Picasso? Ce ne parla Ellen McBreen. “Migrating Objects” – La mostra in pillole #2 Un approfondimento su due opere provenienti dalla Nuova Irlanda Settentrionale, Papua Nuova Guinea. Ne parla Fanny Wonu Veys.
“Migrating Objects” – La mostra in pillole #3 Che influenza ebbe l’artista e collezionista Robert Brady su Peggy Guggenheim e il suo collezionismo di arte non occidentale? Ce ne parla Vivien Greene.Si ringraziano The Barnes Foundation e il Museo Robert Brady per la gentile collaborazione. L’esposizione è il frutto di un esteso periodo di ricerche e confronti da parte di un team di studiosi su questi lavori per lungo tempo tralasciati negli studi sulla collezione di Peggy Guggenheim. Nel corso degli ultimi due anni e mezzo le ricerche hanno portato a risultati anche sorprendenti, come l’attribuzione di alcune opere, in particolare la maschera copricapo proveniente dalla Nigeria (Ago Egungun) creata nell’atelier di Oniyide Adugbologe (1875-1949 c.), presente in mostra che è curata da un Comitato scientifico che include: Christa Clarke, curatrice indipendente e studiosa delle arti dell’Africa e affiliata all’Hutchins Center for African & African American Research, Harvard University, Cambridge, Mass.; R. Tripp Evans, professore di Storia dell’arte e Co-Chair, Department of Visual Art and Art History, Wheaton College, Norton, Mass.; Ellen McBreen, professoressa associata di Storia dell’arte, Department of Visual Art and Art History, Wheaton College, Norton, Mass.; Fanny Wonu Veys, curatrice, Oceania, National Museum of World Cultures, Amsterdam, Berg en Dal, Leiden e Rotterdam, con Vivien Greene, Senior Curator, 19th- and Early 20th-Century Art, Guggenheim Museum, che ha curato anche il catalogo dell’esposizione.
Il catalogo che accompagna la mostra, in doppia edizione (italiana e inglese), include i testi del Comitato sceintifico: Ellen McBreen, Migrating Objects: dall’artefice al museo (leggi un estratto); Christa Clarke, “Fantastici artefatti”: Peggy Guggenheim e l’arte africana negli anni cinquanta (leggi un estratto); Fanny Wonu Veys, Peggy Guggenheim e il Pacifico; R. Tripp Evans, Forme di commemorazione: Peggy Guggenheim e le arti funerarie delle Americhe; oltre alle tavole delle opere e una bibliografia selezionata.
Il volume è una co-pubblicazione della Collezione Peggy Guggenheim con Marsilio, Venezia. In concomitanza con la mostra Migrating Objects la Collezione Peggy Guggenheim offre una serie di attività collaterali legate alle tematiche dell’esposizione e destinate a diverse tipologie di pubblico. Tutti i programmi collaterali sono ideati attorno al tema centrale dell’esposizione, ovvero la definizione di “migrazione” intesa come “trasferimento, definitivo o temporaneo, di gruppi di esseri viventi da un territorio a un altro, determinati da ragioni varie, ma essenzialmente da necessità di vita” (Dizionario di Storia Treccani, 2010). Nella programmazione si intendono indagare, a vari livelli, le conseguenze del trasferimento delle persone, e dello spostamento fisico degli oggetti, intesi come elementi portatori di valori culturali, sociali, religiosi o simbolici. La Collezione Peggy Guggenheim gode del patrocinio di UNHCR (United Nations High Commissioner for Refugees). Il programma espositivo della Collezione Peggy Guggenheim è supportato dal Comitato Consultivo del museo. I progetti educativi correlati all’esposizione sono realizzati grazie alla Fondazione Araldi Guinetti, Vaduz. Le mostre della Collezione Peggy Guggenheim sono realizzate con il sostegno degli Institutional Patrons, EFG, Lavazza e Sanlorenzo, e le aziende del gruppo Guggenheim Intrapresæ. Dal 2018 il museo aderisce a ASviS, l’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile che promuove i 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite. (ph arch.Guggenheim)