La notizia della scoperta del “vero volto” di Palladio ha fatto il giro del mondo a riprova di quanto scriveva il grande storico dell’arte André Chastel, che “Palladio con Monna Lisa e Coca Cola sono tre parole comprensibili in tutte le latitudini”. Tornano a casa in questi giorni i ritratti di Palladio esposti a Vicenza, scovati nei luoghi più diversi: la sala del trono di Kensington Palace, una casa di Mosca, il museo di Oxford e persino un mercatino delle pulci nel New Jersey. La mostra è stata un grande progetto scientifico sviluppato con la Soprintendenza dei beni artistici di Verona, diretta da Fabrizio Magani. Ma nel raccontare gli esiti della ricerca si è cercato il coinvolgimento di un pubblico largo, costruendo il percorso espositivo come una “detective story”, e richiedendo l’aiuto della Polizia scientifica per la ricostruzione dei tratti somatici palladiani attraverso le più aggiornate tecniche di indagine. Il vero volto di Palladio emerso dalle indagini non sorprende tanto i vicentini, ma il mondo anglosassone, che fino a questa mostra era abituato a conoscere un Palladio giovane, senza barba e con il berretto floscio, pubblicato nella prima traduzione inglese dei Quattro Libri nel Settecento. Nessun commento da Buckingham Palace nonostante che il quadro che lo ritrae così, avuto in prestito da sua maestà Elisabetta II, sia stato dimostrato essere un astuto falso del Settecento. Il “mistero del volto” è stato anche un evento mediatico rimbalzato sui social: tantissime sono le visualizzazioni e condivisioni su Facebook del video “Il mistero del volto svelato” presentato il 12 aprile presso il Ministero dei Beni Culturali a Roma, così come le condivisioni degli articoli pubblicati dalle più importanti testate giornalistiche straniere. È una grande valorizzazione nazionale e internazionale della città di Vicenza che sempre più nel mondo viene identificata con Palladio. La mostra si chiude con 20.000 visitatori, gli organizzatori hanno segnalato soprattutto la partecipazione di moltissime scuole, dalle elementari all’università, che hanno portato in mostra 5000 ragazzi, grazie anche all’intenso programma didattico finanziato dalla Fondazione Roi.

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