“Non ci pensa mai nessuno ma proprio sotto i nostri piedi abbiamo un patrimonio di cui sappiamo molto poco e che, oltre a informazioni scientifiche, nasconde meraviglie inaspettate che solo la ricerca può mettere in risalto. In questo caso parlo delle rocce del Lago di Garda”. E’ la schietta presentazione di Laura Jaurena, presidente dell’associazione Microart, nell’esporre l’idea alla base della mostra Garda Lake Art Rock, un esempio ben riuscito di comunicazione della scienza in cui il lavoro di Bernardo Cesare e Nereo Preto, docenti del dipartimento di Geoscienze dell’università di Padova, passa dal laboratorio alla nota località turistica del Castello di Malcesine, che si affaccia sul Lago di Garda. Di questo si occupa con un suo testo Agnese Sonato su Bo Live, il giornale web dell’ateneo. La mostra, ideata e curata da Microart in collaborazione con lo studio grafico Mase Press Srl, è stata presentata al pubblico sabato 19 maggio e fino al 30 settembre mostrerà ai visitatori una serie di microfotografie di rocce che caratterizzano il lago per dare ai visitatori un nuovo punto di vista sul territorio. “Chiunque pensa al lago come una distesa d’acqua – continua Laura Jaurena – dimenticandosi che come ogni ambiente in natura, i protagonisti sono molti e diversi. Ogni elemento gioca un ruolo fondamentale senza cui quell’ambiente, così come lo conosciamo, non esisterebbe nemmeno. E alcuni protagonisti sono poprio le rocce”. Bernardo Cesare, che da tempo ha riscoperto l’arte nel suo lavoro (molto ricca e seguita è la sua galleria fotografica su National Geographic, come la sua collaborazione alla mostra Dolomiti Art Rock e la sua continua ricerca delle meraviglie dove meno ce le aspettiamo), ha realizzato le microfotografie di sottili strati di campioni rocciosi raccolti nei pressi del lago da Nereo Preto, specialista di stratigrafia. La sensazione di fronte alle opere, è quella di trovarsi in una vera e propria galleria d’arte, grazie alla tecnica utilizzata per le microfotografie che restituisce grandi capolavori ricchi di geometrie e colori affascinanti. “Le grandi stampe della mostra sono ottenute da foto digitali eseguite con un corpo macchina collegato ad un microscopio ottico polarizzatore. Si tratta quindi di microfoto. – racconta Bernardo Cesare – Ma per far attraversare la roccia dalla luce, come per una vetrata artistica, bisogna farne una fetta sottilissima, dello spessore di tre centesimi di millimetro: la sezione comunemente usata dal geologo per studiare le rocce al microscopio.” Alla tecnica si aggiunge il tocco dell’autore delle fotografie, in grado di scegliere i colori finali delle sue opere variando alcuni parametri di acquisizione e senza lavorare in post-produzione: l’opera d’arte risultante è proprio quello che la roccia esaminata racconta di sé. E così questa tecnica è stata applicata agli affioramenti rocciosi della parte meridionale del Lago di Garda e alle morene che lo delimitano a sud. Nelle morene si trovano ciottoli di svariata natura e sono state scelte rocce sedimentarie, magmatiche e metamorfiche provenienti dall’enorme bacino idrografico che durante l’ultima epoca glaciale, circa 18 mila anni fa, alimentava il grande ghiacciaio che ha poi lasciato posto al Lago. A raccontare i contenuti della mostra ha collaborato, oltre a Nereo Preto, Laura Paneghetti, ex studentessa del master in Comunicazione delle scienze dell’ateneo padovano, la cui tesi verteva proprio su questo progetto. A completare l’allestimento un’installazione interattiva guida grandi e piccoli nella comprensione della tecnica e della base delle microfotografie. Grazie ai molteplici linguaggi presenti nell’esposizione, ognuno è libero di visitare la mostra scegliendo il percorso e il livello di approfondimento che preferisce.