C’e’ uno stretto legame tra uno dei più importanti artisti francesi del dopoguerra, Jean Dubuffet, e Venezia. L’artista torna protagonista con una considerevole rassegna, dal 20 maggio al 20 ottobre, a cura di Sophie Webel e Frédéric Jaeger, che intende rendere omaggio e ricordare l’importanza di due celebri mostre che, proprio nella città lagunare, hanno segnato il percorso dell’artista: l’esposizione a Palazzo Grassi nel 1964 e al padiglione francese della Biennale nel 1984, palcoscenici importanti scelti da Dubuffet stesso per presentare in esclusiva i suoi lavori più recenti dell’epoca. La mostra è ospitata tra i saloni ricchi di storia del piano nobile di Palazzo Franchetti, prestigioso palazzo di origine quattrocentesca con affaccio diretto sul Canal Grande ed è organizzata dalla società che ha in gestione la sede espositiva, ACP, con la preziosa collaborazione della Fondazione Dubuffet. La mostra è arricchita da prestigiosi prestiti provenienti da : Fondation Gandur Pour l’Art (Ginevra) , Waddington Custot (Londra) e Fondation Beyeler (Basilea). Attraverso il ricordo delle storiche esposizioni veneziane, la mostra a Palazzo Franchetti presenta i tre cicli più importanti dell’opera di Dubuffet: dalla serie Célébration du sol, in cui l’artista approfondisce negli anni Cinquanta le ricerche sugli infiniti effetti della materia e a cui appartengono le Matériologies e le Texturologies, al ciclo L’Hourloupe, il vero «nucleo centrale» della ricerca di Dubuffet, come scrive Daniel Abadie, «che orienta il versante precedente e seguente», sviluppato tra il 1962 al 1974 e presentato per la prima volta proprio nella mostra a Palazzo Grassi nel 1964. Le circa venti opere selezionate per questa sezione rivelano come la normale percezione del mondo venga messa in discussione dalle sollecitazioni visive dei sinuosi grafismi di questa serie, trasformandosi continuamente nello sguardo dello spettatore. E’ un’arte affollata, ricca di suggestioni, quasi chiassosa, come indica il termine stesso di “Hourloupe” (dal francese entourlouper, turlupinare), creatrice di un universo alternativo in grado di penetrare il reale stesso. A questo ciclo appartengono anche interessanti sculture, come l’opera monumentale collocata nel giardino del Palazzo, raro spazio verde a Venezia che può vantare un invidiabile affaccio diretto sul Canal Grande e quindi grande visibilità, a pochi passi dal Ponte dell’Accademia.
Chiudono il percorso gli anni Ottanta con la serie Mires, ben rappresentata in mostra da circa quindici dipinti che, con colori vibranti e fluide pennellate, fanno cedere i limiti fisici del quadro.
Sono questi i lavori scelti da Dubuffet per rappresentare ufficialmente il suo paese alla Biennale di Venezia del 1984.
A completare ed arricchire il percorso espositivo, si propone una selezione studiata di disegni, gouache e documenti a testimonianza delle mostre del 1964 e 1984, accompagnati da fotografie, lettere ed articoli che non tralasciano le sperimentazioni musicali dell’artista. La mostra restituisce – come e’detto in una nota – un ritratto completo di un vero sperimentatore che con coraggio si è distaccato da tradizioni percepite ormai come aride e limitanti per volgersi verso un utilizzo emotivo e psichico del medium pittorico. (catalogo 5 Continents Editions Srl). Info e foto: Francesco Gattuso. presspartenerscomunication@gmail.com