Delle mura cingevano la città, al suo interno trovavano spazio un foro e due teatri. E ancora una basilica, un anfiteatro delle dimensioni dell’arena di Verona e un porto. Dei canali attraversavano l’insediamento urbano. Intorno, delle necropoli ed edifici sparsi, alvei fluviali e canali lagunari abbandonati. Fino a qualche tempo fa l’esistenza di queste strutture nell’antica città di Altino – uno dei siti archeologici più importanti del Veneto – era solo ipotizzata, sulla base di fonti storiche ed epigrafiche, ma erano del tutto sconosciute le ubicazioni e gli sviluppi planimetrici. Studi scientifici condotti dall’università di Padova hanno restituito al municipio romano una fisionomia più precisa che si può apprezzare, anche attraverso plastici realizzati in 3D, nel percorso espositivo Altino – Prima di Venezia. Patavium, Altinum e la laguna, dal 9 marzo al 14 aprile 2019 a palazzo della Ragione a Padova. Di questo riferisce 😮Monica Panetto sul Bo Live,il giornale web dell’ateneo di Padova. Il progetto, ideato dall’associazione di promozione sociale La Carta di Altino in collaborazione con il MiBac – Polo museale del Veneto – Museo archeologico nazionale e area archeologica di Altino e il Comune di Padova, intende far conoscere la grandezza del primo capoluogo lagunare e la fitta rete di rapporti che lo univano a Padova. Paolo Mozzi del dipartimento di Geoscienze ha illustrato gli studi scientifici.
Fin dall’XI secolo Altino era una città e un porto importante, un centro di scambi commerciali e culturali che, nel periodo di massimo splendore, contava più di 20.000 abitanti e un centro monumentale imponente. Come Venezia, ma molti anni prima, Altino era una città anfibia proiettata sul mare. Dopo il suo periodo di splendore, con le invasioni e l’impaludamento, l’insediamento urbano fu abbandonato in età tardo antica e molte delle pietre e dei laterizi della città furono impiegati per costruire Venezia. Nonostante lo spoglio, tuttavia, le nuove tecnologie hanno permesso di svelare la complessa struttura urbana di Altino romana. “Era il luglio del 2007. Un luglio particolarmente asciutto – ha spiegato Paolo Mozzi, docente del dipartimento di Geoscienze dell’università di Padova che ha preso parte alle indagini scientifiche – aveva piovuto poco, ben al di sotto della media stagionale. Il 31 di quel mese è stata eseguita una ripresa aerofotografica che è riuscita a captare segni di stress della vegetazione”. Quelle particolari condizioni meteorologiche sono state fondamentali per il successo dello studio da telerilevamento condotto su Altino, che si è basato in larga parte su una ripresa aerea multispettrale. È stato possibile cogliere le tracce dell’antica città grazie al diverso grado di rigoglio della vegetazione: le piante che crescevano al di sopra di livelli ad alto contenuto di laterizi e frammenti lapidei erano sottoposte a stress idrico per la minore capacità di ritenzione di umidità nel suolo e per questo risultavano più avvizzite delle altre. “Il telerilevamento – spiega Mozzi – ha dato ottimi risultati, perché la città non venne più insediata. La dismissione del sito ha fatto sì che sopra la città romana non si espandessero abitati medievali o moderni, come invece avviene nella gran parte dei centri urbani di dimensioni simili”. Ex voto proveniente dal Museo archeologico nazionale di Altino, in esposizione a Palazzo della Ragione
Altino si sviluppa nel corso del I millennio a.C., così come cresce Padova nello stesso periodo. Sono città che hanno una storia molto lunga e rapporti costanti e strettissimi fin dall’epoca pre-romana attraverso la via di terra e le vie d’acqua. Simbolo di queste relazioni un reperto archeologico di particolare rilievo esposto a palazzo della Ragione, un ex voto risalente al VI secolo a.C., rinvenuto all’inizio degli anni 2000 all’interno di un santuario altinate in località Fornace e proveniente dal Museo archeologico nazionale di Altino. “La laminetta ha un’iscrizione in lingua venetica – secondo Francesca Veronese del Museo archeologico di Padova –. Si legge che un cittadino, che si autodefinisce “patavnos” cioè patavino, ha donato questo oggetto alla divinità altinate”. L’oggetto testimonia i legami esistenti tra le due città e lascia intuire quale potrebbe essere stato il nome di Padova prima di chiamarsi Patavium. I rapporti tra le due città continuano in epoca romana. Sarà la via Annia a fare da collegamento: le due città, Padova e Altino, costituivano due tappe di questo importante percorso di epoca romana che risale alla seconda metà circa del II secolo a.C. Francesca Veronese del Museo ha illustrato i fitti rapporti che esistevano tra l’antica città di Altino e Padova. “Il percorso espositivo – ha sottolineato Marianna Bressan, direttrice del Museo archeologico nazionale di Altino – è un’occasione interessante per ricreare un collegamento che già esisteva anticamente tra Padova e Altino. È un’occasione per far conoscere, e riconoscere, Altino ai padovani. Ed è un modo per accogliere a Padova una spinta che viene dal territorio altinate. Gli abitanti di Altino conoscono bene il loro patrimonio archeologico e sono orgogliosi di farlo conoscere altrove, in questo caso a Padova. Si tratta di iniziative che noi appoggiamo e incoraggiamo, dato che divulgare la conoscenza è una delle missioni fondamentali di un museo, unitamente al suo ruolo sociale”. Il percorso espositivo, giunto alla sua quinta edizione, si propone, precisa Monica Panetto, come un progetto di alta divulgazione che intende restituire ai visitatori l’immagine dell’antica città di Altino e dei suoi monumenti attraverso immagini, foto, video, plastici realizzati con stampa 3d e un prezioso reperto archeologico. (foto Bo live/Unipd).

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