Dal 17 settembre al 16 gennaio 2017 una grande avventura d’arte che descrive l’affascinante mostra che Giandomenico Romanelli ha deciso, su invito della Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo, di raccontare al pubblico di Palazzo Roverella di Rovigo. E’ un percorso di colore e di emozioni; unitario eppure variegato, fitto di storie che sono diventate leggende, anticipatore di tendenze e di mode. E non solo nel campo dell’arte. Un centinaio di opere, molte conosciutissime, altre da scoprire, quattro grandi “isole” e tanto, tanto colore. Storie di artisti in fuga, da città, da legami, da loro stessi, in molti casi. Che trovano rifugio in riva al mare, quello potente della Manica o quello dolce e casalingo della Laguna veneziana. Quasi fossero alla ricerca del valore purificatore dell’acqua e degli elementi naturali. A Pont Aven, sulla costa della Bretagna, Paul Gauguin giunse nel febbraio del 1888. Vi era già stato per un breve soggiorno due estati prima. Il sodalizio con Van Gogh nel frattempo era finito, l’olandese aveva scelto il sud della Francia, lui la Bretagna. Qui si era andato formando un eden primitivo e quasi incontaminato, popolato da una comunità internazionale di giovani artisti che, dipingendo spesso insieme, traevano inspirazione dal paesaggio e dalle loro comuni esperienze e riflessioni. Il linguaggio espressivo e antinaturalistico del gruppo (profeti di un nuovo) entrò anche in contatto con le poetiche del primitivismo e dell’esotismo assai in voga nell’Europa di fine Ottocento. Confluì in varie correnti artistiche e ne influenzò nascita e caratteri. Su tutti spicca l’esperienza parigina dei Profeti, o meglio Nabis, dall’antico ebraico. Fu una stagione straordinaria: essa segnò davvero la nascita dell’arte moderna. Liberi dal naturalismo e dalla ‘imitazione’ della realtà, i Nabis crearono un linguaggio pittorico nuovo: colori intensi, profili marcati, rinuncia al dettaglio, esplosione di emozioni violente. Sarà una pittura sintetica ed elementare, frutto di una semplificazione fino all’essenziale (donde la definizione di Sintetisti per un gruppo di loro). Da questa visione uscirà l’esperienza dei Fauves e via via sino all’Art Nouveau, all’Espressionismo e all’astrazione. Questi stimoli innovativi contaminarono l’Europa, senza tralasciare l’Italia. Ed è proprio sul versante nazionale che si concentra la seconda parte di questa magnifica rassegna. La “stagione bretone” dell’arte italiana tra gli anni ’80 dell’Ottocento e il primi decenni del secolo successivo, è ben individuabile. La si incontra in diversi artisti, o meglio in precise fasi della loro produzione. Sono pittori che in molti casi hanno vissuto a Parigi e che nella capitale francese, o comunque oltralpe, hanno acquisito caratteri e cadenze linguistiche di inequivocabile qualificazione gauguiniana a Pont–Aven. Non a caso la rassegna continua con Gino Rossi e la sua Burano (nella foto). Rossi, uomo e artista pregno di illuminazioni e di tenebre, “straordinario campo di forze, di polarita’, di tensioni, di urgenze e di riflessioni”. E, con lui, il grande Arturo Martini e il gruppo gravitante su Ca’ Pesaro. Gauguin e Rossi, due storie lontanissime eppure vicine: il primo conquistato, catturato e tragicamente sedotto dai paradisi tahitiani, il secondo scivolato in un fulminante itinerario sin dentro i gironi d’inferno di un manicomio di provincia. L’ultima parte della rassegna è un grande capitolo dedicato agli eredi di questo universo artistico. Il Sintetismo, calato nella nuova sensibilità borghese e moderna grazie a protagonisti come Paul Sérusier, Émile Bernard, Paul Elie Ranson, Maurice Denis e gli svizzeri Cuno Amiet e Felix Vallotton (presenti in mostra con celebri capolavori), vive una stagione straordinaria anche in Italia: Felice Casorati, Oscar Ghiglia, Cagnaccio di SanPietro, Mario Cavaglieri. Info www.palazzoroverella.com; press Studio Esseci di Sergio Campagnolo
049 663499; www.studioesseci.net; gestione2@studioesseci.net, referente Simone Raddi