Il Bacio, Il Pensatore, La Meditazione, La morte di Adone, Il Pensiero. Sono opere che custodiscono già nel nome un sentimento puro e potente. I corpi scolpiti di Auguste Rodin (1840-1917) riempiono di intensa bellezza ed emozione le sale del Museo Santa Caterina di Treviso, spazio espositivo scelto dal Musée Rodin di Parigi per la chiusura delle celebrazioni del primo centenario della scomparsa dello scultore francese.
La mostra Rodin, un grande scultore al tempo di Monet – aperta il 24 febbraio per concludersi il 3 giugno – propone 50 sculture e 23 opere su carta (alla Petite Ècole Rodin studiò disegno, avvicinandosi successivamente alla scultura): una selezione dei capolavori più noti e rappresentativi, a cui si aggiungono una tela di Edvard Munch del 1907, che ritrae la statua del Pensatore nel giardino del dottor Linde a Lubecca, e il quadro Reti da pesca a Pourville di Claude Monet, presente nella celebre mostra Monet/Rodin che si svolse a Parigi nell’estate del 1889 alla galleria di Georges Petit. Su questa rassegna ha scritto un testo Francesca Boccaletto sul giornale Il Bo dell’università di Padova con intervista al curatore Marco Goldin. “E’ un’esposizione completa ma non popolare”, ha spiegato Goldin, perché la scultura richiede impegno, sembra sempre un po’ lontana dal pubblico delle mostre, non viene pienamente compresa, ma la verità è che offre una visione dell’arte e del mondo di cui si dovrebbe fare esperienza. “Abbiamo realizzato un allestimento di alto livello e grande suggestione, con una selezione di opere che parte dal principio e ci permette così di conoscere tutta la storia di Rodin”. E Goldin usa queste parole per tracciare il profilo essenziale dell’artista: “Rodin ha fatto scultura di sguardi, di corpi, di sogni, di memorie e previsioni del futuro. Ha fatto della scultura una lingua universale, che tu puoi parlare ora come allora”. Il percorso si sviluppa lungo tre sale, con un gran finale proposto nella sala ipogea appena restaurata: qui, Il Pensatore si mostra nella sua versione monumentale in gesso e, al centro, trionfano Il Bacio (dall’episodio di Paolo e Francesca nel Canto V dell’Inferno di Dante) e Il Pensiero che emerge dalla materia e ha il volto malinconico dell’amata Camille Claudel. È una scultura vibrante quella di Rodin, che si fa dialogo e “che ha spaccato la pelle delle accademie”, ha precisato Goldin. Del resto lo stesso Rodin, rifiutato dal Salon parigino per la sua troppa fame di verità e trasformazione, diceva: “È molto semplice, il giorno in cui il pubblico amerà il genere di scultura che faccio e quella dei giovani artisti che mi succederanno, non ci sarà più il bisogno dell’insegnamento delle accademie”. Un linguaggio libero, potente e intimo, che ci offre tutta la verità dell’anima attraverso il carattere meravigliosamente imperfetto delle figure e un gusto per il non finito, sulle tracce di Michelangelo, scoperto all’epoca del suo viaggio in Italia nel 1876. “Prima di essere celebre, Rodin era solo. E la celebrità, una volta sopraggiunta, lo ha reso ancora più solo. Giacché la celebrità è in fondo la summa di tutti i malintesi che si addensano attorno a un nome nuovo”. Il poeta Rainer Maria Rilke, segretario di Rodin dal settembre 1905 al maggio 1906, si concentrava sulla solitudine del genio che scardina, abbatte, rivoluziona e, in questo senso, ripensa la scultura, che svela l’anima nascosta sotto la pelle, dentro la carne. Secondo lo scritto di Francesca Boccaletto, gesso, marmo e bronzo rivelano pensieri, sostanza e vita dei volti, ora segnati ora distesi, delle mani che si sfiorano, dei corpi nudi che si piegano, si allungano, si contorcono, infine si stringono in un abbraccio eterno. “Un giorno si capirà ciò che ha reso grande questo grande artista – scrive Rilke, in chiusura del saggio poetico dedicato a Rodin – Il suo essere un lavoratore con l’unico desiderio di penetrare totalmente, con tutte le forze, nell’essenza umile e severa del suo strumento. C’era, in questo, una sorta di rinuncia alla vita; Rodin riuscì invece a conquistarla proprio in virtù della sua grande pazienza: perché a quello strumento si piegò il mondo”. (Nella foto la morte di Adone di A. Rodin).