La mostra “La mia arma contro l’atomica è un filo d’erba. Tancredi”. Una retrospettiva, a cura di Luca Massimo Barbero, alla Collezione Peggy Guggenheim dal 12 novembre al 13 marzo 2017 (nella foto). L’evento è stato presentato ai numerosissimi giornalisti e critici, dal direttore del museo Philip Rylands; egli ha introdotto al pubblico la mostra definendola “il meritato tributo all’artista feltrino che Peggy ha scoperto e supportato per anni”. Il curatore di questa preziosa retrospettiva, Luca Massimo Barbero, da anni porta avanti un’appassionata ricerca sulla scena artistica del secondo dopoguerra, e l’esposizione che aprirà domani a Palazzo Venier dei Leoni è un capitolo importantissimo in questo suo percorso di indagine. “È una mostra piena di vita, che cerca di definire, sala dopo sala, l’alfabeto visivo di questo grande talento della scena artistica italiana del secondo dopoguerra” spiega Barbero, “istintivo intellettuale, Tancredi riuscì a creare una rapporto diretto e velocissimo tra la propria mano, il pennello e la tela, fino a realizzare opere fatte d’aria, quadri leggeri, la cui pittura sembra volare su ali di farfalla”. Con oltre novanta lavori, l’attesa retrospettiva sancisce il grande ritorno a Venezia di Tancredi Parmeggiani (Feltre 1927 – Roma 1964), tra gli interpreti più originali e intensi della scena artistica italiana della seconda metà del ‘900. Tancredi è stato l’unico artista, dopo Jackson Pollock, con il quale Peggy Guggenheim stringe un contratto, promuovendone l’opera, facendola conoscere ai grandi musei e collezionisti d’oltreoceano e organizzando alcune mostre, come quella del 1954 proprio a Palazzo Venier dei Leoni. Dopo oltre sessant’anni, dunque, l’artista ritorna protagonista indiscusso alla Collezione Peggy Guggenheim con una straordinaria selezione di lavori, che ricostruiscono in modo intimo e capillare, tra produzione creativa ed emotività prorompente, la parabola breve, ma folgorante, di questo grande interprete dell’arte del secondo dopoguerra. Partendo da rare prove giovanili di ritratti e autoritratti e dalle prime sperimentazioni su carta del 1950-51, le famose “Primavere”, il percorso espositivo, studiato con cura e rigore da Barbero, passa a documentare la ricerca svolta dall’artista feltrino nell’arco dei primi anni ’50, periodo che segna l’incontro cruciale con Peggy, di cui diventa protégé, e che lo porta ad avere un proprio studio a Palazzo Venier dei Leoni. Questo significativo legame è documentato dal consistente numero di lavori appartenenti alla collezione di Peggy, arricchito dalle nove opere della donazione Giorgio Bellavitis, ricevuta dal museo nel 2000. La mostra rappresenta inoltre il ritorno in Italia di una preziosissima selezione di opere donate dalla mecenate ad alcuni celebri musei americani. Per la prima volta, dai tempi di Peggy, saranno finalmente esposti capolavori come la Primavera, proveniente dal MoMA di New York, Spazio, Acqua, Natura, Spettacolo, oggi al Brooklyn Museum, o Senza titolo (Composizione), dal Wadsworth Atheneum Museum of Art di Hartford. È proprio grazie al rapporto privilegiato che instaura con Peggy che il lavoro di Tancredi acquisisce un respiro internazionale, tanto da farlo diventare molto noto in età giovanissima. È in questo periodo che l’artista giunge a concepire una pittura personale, micro-spaziale e policromatica, definita da alcuni “molecolare”. Lo stile pittorico è incentrato su una sempre più evidente frammentazione del segno e su un cromatismo lucente, elemento trascinante nelle tele. L’energia del tratto, abbinandosi alle vibrazioni luminose, crea una nuova armonia che corrisponde a uno dei periodi più felici della produzione dell’artista. Tancredi fu sempre attratto dagli accostamenti dei colori accesi, dalle invenzioni informali che, grazie a un pennello incessante e a una pittura piena di vita e intensità vibratile, occupavano tutti gli spazi della tela. La grande retrospettiva non manca di documentare la produzione artistica degli anni ’60, momento di crisi e di completa revisione della propria pittura, a cui Tancredi vuole dare un senso esistenziale e politico. Ed è così che la vena della polemica e della tensione di quegli anni di guerra fredda emergono nel titolo della mostra “La mia arma contro l’atomica è un filo d’erba”, frase con cui Tancredi risponde agli innumerevoli conflitti dell’epoca. Di questo momento fondamentale nel suo percorso artistico, sono esposti i tre dipinti della serie Hiroshima (1962). La parte conclusiva dell’esposizione è dedicata ai collage-dipinti, eseguiti tra il 1962 e il 1963, i cosiddetti Diari paesani e i Fiori dipinti da me e da altri al 101%, che a ragione possono essere definiti la vera rivelazione di questa retrospettiva e che sono da considerarsi esempi di eccezionale vigore creativo e drammatica euforia. Immersosi nel clima della nuova pittura degli anni ’60, Tancredi in aperta polemica con essa costruisce nuovi quadri “antieroici”, imbevuti di colore che diviene ora macchia ora immagine, capaci di alludere alla guerra, alla cronaca o a grandi fiori. Sono queste opere a chiudere lo straordinario percorso, geniale e sregolato, della pittura di Tancredi dedicata alla natura e all’uomo. Tancredi muore nel 1964, a soli 37 anni. Info: press@guggenheim-ve