La Guggenhein di Venezia propone la più esaustiva retrospettiva degli ultimi vent’anni dedicata all’artista americano Mark Tobey (1890 – 1976). La mostra Mark Tobey “Luce filante” intende tracciare l’evoluzione dello stile pionieristico dell’artista, nonchè il suo contributo, significativo e ancora non del tutto riconosciuto, all’astrazione e al modernismo americano del XX secolo, questo dal 6 maggio al 10 settembre. Con 70 dipinti, che spaziano dalle produzioni degli anni ’20 fino ad arrivare agli anni ’70, la mostra indaga la portata della produzione artistica di Tobey e rivela lo straordinario, quanto radicale, fascino del suo lavoro. Il percorso espositivo si configura come un attento riesame della produzione artistica del pittore, tra i maggiori artisti americani a emergere negli anni ’40, in quel decennio clou che vide la nascita dell’Espressionismo astratto, riconosciuto come figura d’avanguardia, precursore con la sua “scrittura bianca” di quelle innovazioni stilistiche introdotte di lì a poco dagli artisti della Scuola di New York, quali Jackson Pollock. Tobey (foto) ha lasciato un segno forte nella storia dell’arte del ‘900 per le sue rappresentazioni calligrafiche, uniche nel loro genere, che risultano essere il risultato di una lirica integrazione tra due culture figurative, l’occidentale e l’orientale, che spaziano dalla tradizionale pittura cinese su pergamena al Cubismo europeo. Tale forma di astrazione deriva dalle diverse esperienze fatte dall’artista che ha vissuto tra Seattle e New York, ha viaggiato a lungo tra Hong Kong, Shanghai, Kyoto e l’Europa, e si è convertito alla fede Bahá’í, religione abramitica monoteistica nata in Iran a metà del XIX secolo. La curatrice Debra Bricker Balken ha spiegato che “all’interno di questo mix di fonti, Tobey è stato in grado di evitare uno specifico debito col Cubismo, a differenza dei suoi compagni modernisti, fondendo elementi legati a linguaggi formali in composizioni che sono sorprendentemente radicali e al tempo stesso meravigliose”. Il lavoro di Tobey, innovativo e peculiare nelle influenze che esercita e nella sua bellezza intrinseca, incarna a pieno l’anima internazionale del modernismo della metà del XX secolo, aspetto finora inesplorato dalla critica dell’arte post-bellica.