Quattordici opere di Emilio Vedova, l’artista veneziano morto nel 2006, sono la struttura portante della mostra “De America” che apre il 18 giugno ed è visitabile fino al 26 novembre ai Magazzini del Sale, alle Zattere, nella zona della Salute. Presenza interessante è una macchina robotica progettata da Renzo Piano. Alfredo Bianchini, Presidente della Fondazione Emilio e Annabianca Vedova, ha presentato la rassegna ed ha ricordato tra l’altro che il ciclo ‘De America’ è stato realizzato dall’artista tra il 1976 e il 1977. Sono opere tutte in bianco e nero, di grande formato che, dopo decenni di dialogo con personalità della cultura statunitense, viaggi e di rapporti con le università – da Washington a Philadelphia – riflettono il legame espressivo dell’artista con l’arte americana. Dagli anni quaranta Vedova è stato – come è stato spiegato da Bianchini – in costante relazione con il linguaggio degli artisti promossi da Peggy Guggenheim a Venezia, da Jackson Pollock a Franz Kline. La nuova esposizione della Fondazione Emilio e Annabianca Vedova dedicata al maestro veneziano (1919-2006), tra i principali esponenti della pittura informale italiana, propone un focus sul ciclo «americano», con una selezione di 14 dipinti su tela. Realizzati tra il ‘76 e il ‘77, in bianco e nero. Sono opere summa delle esperienze di Emilio Vedova negli Stati Uniti in 25 anni, dai rapporti instaurati con università, istituzioni pubbliche ed esponenti del mondo della cultura d’oltreoceano (da Allen Ginsberg a Dore Ashton), ai numerosi eventi espositivi dal Canada all’America latina e ai prestigiosi riconoscimenti conseguiti. “Andando in America – ha sottolineato Alfredo Bianchini, Vedova cambia le sue idee riguardo alle democrazie. È impressionato dall’urbanistica e dalle strutture americane”. Le opere collocate al Magazzino del Sale – questa è la valutazione di esperti e critici – riflettono un’affinità tra linguaggio del passato, la connessione con l’intensità dinamica del futurismo, e l’affinità contemporanea con le gestualità segnica: “Luce ed energia – ha spiegato Fabrizio Gazzarri, Direttore Archivio e Collezione della Fondazione – avvicinano due città così diverse come New York e Venezia”. Ma le mostre sono due, unite dal filo rosso dello scontro bene- male. Se negli anni americani Vedova aveva vissuto il dramma del Vietnam, nel vicino Spazio Vedova (alle Zattere) si trovano una serie di opere degli anni ’90, in cui il pittore-incisore rivede quelle situazioni nelle guerre del Golfo e dei Balcani.