A Ca’ Rezzonico – sede del Museo del Settecento Veneziano – è stata prorogata fino al 26 settembre la mostra sulla porcellana, forse il materiale che meglio di altri incarna lo spirito e l’estetica del Settecento: lucente e leggera, si presta naturalmente alla realizzazione di oggetti dalle linee eleganti e agili. Rimasta a lungo un segreto delle manifatture cinesi fu ricreata in Europa nel secondo decennio del XVIII secolo, presso la corte sassone di Augusto il Forte e da qui si diffuse gradualmente in tutto il continente, nonostante i disperati tentativi di nasconderne la formula. Nel corso del Settecento la Serenissima fu l’unico stato dove sorsero ben quattro manifatture di porcellane, anche se tutte per iniziativa privata. Una di esse fu quella di Geminiano Cozzi (1728 – 1798), nato a Modena ma veneziano d’elezione, alla cui straordinaria attività di imprenditore ante litteram la Fondazione Musei Civici di Venezia dedica ora – a 250 anni dal privilegio concessogli dalla Repubblica nel 1765 (che segna la nascita vera e propria della manifattura Cozzi) – la prima retrospettiva in assoluto. E non è un caso se la mostra viene presentata nel pòrtego al primo piano di Ca’ Rezzonico, sede che più di ogni altra, per peculiarità e storia, si presta a celebrare uno degli aspetti maggiormente affascinanti dell’arte del XVIII secolo. A cura di Marcella Ansaldi e Alberto Craievich, la rassegna presenta oltre seicento pezzi provenienti da musei italiani ed esteri, tra cui i pochi esemplari sicuramente datati e i molti custoditi in collezioni private fino ad oggi di difficile accesso al pubblico e agli studiosi, circostanza quest’ultima che non ha giovato alla fortuna di Cozzi, la cui figura e produzione oggi paiono finalmente riconosciute all’interno del panorama europeo. Dipanandosi attraverso uno sviluppo sia cronologico che tematico, il percorso espositivo illustra l’evoluzione della manifattura Cozzi e le tipologie dei decori e dei vari oggetti, evidenziando da un lato una delle vicende storico-artistiche più affascinanti del Settecento e presentando, dall’altro, uno spaccato dell’attività manifatturiera dello stesso periodo che racchiude episodi di sorprendente modernità. Lo sviluppo dell’arte della porcellana nel Settecento nella Repubblica di Venezia si deve a personalità controverse, caparbie ed affascinanti. È il caso di Giovanni Vezzi, orefice e mercante, che nel 1720 inizia la propria produzione in Laguna; o di Nathaniel Friederich Hewelcke, mercante sassone emigrato nel 1757 da Meissen a causa della chiusura della manifattura durante la Guerra dei Sette Anni, che chiese ed ottenne un privilegio ventennale per la fabbricazione di “porcellane di Sassonia d’ogni e qualunque specie” a Venezia; o ancora, oltre al già citato Geminiano Cozzi, di Giovanni Battista Antonibon, che nel 1762 avvia a Nove (VI) la produzione della porcellana trent’anni dopo aver ottenuto dal consiglio dei “Savi della Mercanzia” della Serenissima il privilegio di produrre maiolica di qualità per vent’anni senza doverne pagare le tasse (1732). I risultati, benché straordinari per qualità, non furono però altrettanto fortunati: Vezzi ed Hewelcke dopo pochi anni furono costretti ad abbandonare le loro imprese a causa dei debiti, solo Antonibon a Nove e Cozzi a Venezia riuscirono a dar vita, pur nelle difficoltà, a imprese durature.

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