“La Biennale del 1948 fu come stappare una bottiglia di Champagne. Un’esplosione d’arte moderna dopo il tentativo del Nazismo di ucciderla. Per la prima volta alla Biennale si videro Mondrian, Brancusi, Kandinsky, Ernst e Giacometti, tutti nella collezione di Peggy esposta al Padiglione greco”.
Vittorio Carrain, segretario della Collezione Peggy Guggenheim dal 1948 al 1952
Peggy Guggenheim and her friends. A seguito del grande successo riscosso dalla mostra e in previsione di un 2019 che vedrà Peggy Guggenheim protagonista di un ricco programma espositivo e di lunga serie di attività che ripercorreranno i 70 anni dal suo trasferimento a Palazzo Venier dei Leoni e dalla prima mostra qui organizzata di scultura contemporanea, oltre a ricordare i 40 anni della sua scomparsa, è stata prorogata fino al 14 gennaio, “1948: la Biennale di Peggy Guggenheim”, a cura di Gražina Subelytė, Assistant Curator del museo, allestita nelle Project Rooms. Nell’anno del 70° anniversario dell’esposizione della collezione di Peggy Guggenheim alla XXIV Biennale di Venezia, presso il padiglione greco, il museo ha voluto commemorare, precisa una nota della fondazione, questo momento dirompente nella storia dell’arte del XX secolo con una esposizione, raccolta ma molto mirata, che ricrea fedelmente l’ambiente del padiglione. Oltre a fotografie, lettere, documenti, in parte inediti, a sorprendere il visitatore è un fedelissimo modello tridimensionale che per la prima volta ricostruisce minuziosamente gli spazi e l’allestimento originario del ’48, seguito dall’eminente architetto veneziano Carlo Scarpa. In mostra non mancano due opere, successivamente donate da Peggy Guggenheim al Museo d’arte di Tel Aviv: Composizione n. 113 (1939) di Friedrich Vordemberge-Gildewart e Composizione (1936) di Jean Hélion, che dagli anni ’50 non sono mai più state esposte a Venezia. “La prima volta di Peggy” ha scritto Elle Decor, “1948: apre il padiglione di Peggy Guggenheim” ha invece titolato il Sole 24 ore, mentre su Avvenire leggevamo “Paradigma Peggy. E la Biennale del 1948 riscrisse l’arte del ‘900”, così come ha scritto il seguitissimo mensile inglese di arte contemporanea e moda Another Magazine “Così il Padiglione di Peggy ha cambiato per sempre l’arte del XX secolo”. Un successo dunque non solo di pubblico ma anche di critica. Di fatto la partecipazione della collezionista americana alla Biennale del 1948, la prima dopo la conclusione del secondo conflitto mondiale, fu un evento miliare non solo perché fu la prima esposizione pubblica di una collezione privata di arte moderna in Italia dopo due decenni di regime dittatoriale, ma anche perché fu la prima presentazione della collezione in Europa, dopo la chiusura della galleria newyorkese Art of This Century (1942-’47) e il trasferimento di Peggy a Venezia. Ph. Matteo de Fina
arte
arte moderna
Biennale
cinema
Cultura
Economia
mostre
musei
Paesi Mediterraneo
scultura contemporanea
tecnologia
territorio
Turismo
università
Usa