La Fondazione Edmund Mach di S. Michele (Trento) ha presentato ai rappresentanti del mondo frutticolo e delle organizzazioni sindacali le attività dell’ente nel settore delle nuove tecniche di miglioramento genetico applicate al melo. Tecniche che, in attesa in un chiarimento normativo a livello europeo, hanno l’obiettivo di ottenere varietà resistenti alle malattie riducendo l’input chimico in campagna nell’ottica di una agricoltura sostenibile. Focus dell’incontro è stata la possibile applicazione delle nuove biotecnologie al settore melo, le attività in corso a San Michele, lo stato dell’arte sugli aspetti della proprietà intellettuale e la regolamentazione di queste nuove tecniche. All’incontro sono intervenuti il direttore generale, Sergio Menapace, il coordinatore del Dipartimento genomica e biologia delle piante da frutto, Claudio Moser, il responsabile dell’Unità Genomica e Biologia Avanzata, Mickael Malnoy, e l’avv. Arturo Pironti, legale di FEM, esperto in proprietà intellettuale. “Il nostro lavoro sull’agricoltura sostenibile, e quindi anche quello sulle nuove tecnologie di miglioramento genetico – ha detto il presidente FEM, Andrea Segrè, è legato alla nostra visione One Health, che vede la salute dell’uomo fortemente interconnessa con quella degli ecosistemi. In un ambiente dall’agricoltura fortemente antropizzata come il Trentino, infatti, la possibilità di avere piante che si difendono da sole sarebbe un enorme passo avanti. A San Michele ci focalizzeremo sulle varietà migliorate per la resistenza alle patologie fungine e, allo stesso tempo, sul metodo di tracciabilità delle stesse biotecnologie. In altre parole, nel medio periodo puntiamo a diventare anche un centro di competenza in grado di verificare se i prodotti vegetali abbiano subito manipolazioni o meno”. “La Fondazione Edmund Mach si è posta da subito come un centro all’avanguardia in questo nuovo settore di ricerca – ha spiegato il direttore generale, Sergio Menapace, che ha aperto l’incontro-, facendo tesoro degli investimenti e dei risultati delle attività di sequenziamento dei genomi, e nel corso dei prossimi anni potrà raccogliere i primi frutti sia nel settore vite che melo. E’ importante sottolineare che i tempi sono di medio-lungo periodo, nell’ordine dei dieci anni, per ottenere varietà migliorate in termini di resistenza ai patogeni o in termini di caratteristiche nutrizionali – qualitative”. Di recente, a fianco del miglioramento genetico convenzionale basato su incrocio e selezione o mutagenesi fisica e chimica, sono state sviluppate delle nuove tecnologie di miglioramento genetico delle piante (New Breeding Techniques – NBT) che permettono di accelerare e potenziare la costituzione di nuove varietà, tramite una mutagenesi biologica. Le NBT, inizialmente adottate nel settore medico, permettono di produrre modificazioni genetiche molto simili a quelle ottenute con le metodiche più tradizionali, ma con maggiore precisione e specificità, una sorta di “terapia genica” della pianta. Fra le NBT le più rilevanti per diffusione ed impatto sono il Genome Editing e la Cisgenesi. La cisgenesi è una tecnica simile alla transgenesi, ma meno impattante perché lascia minime tracce del processo biotecnologico, e prevede l’inserimento nella pianta di un gene della stessa specie o sessualmente compatibile, ad es. di un melo selvatico che può essere incrociato con un melo domestico. Il CRISPR/Cas è una tecnica che permette di modificare specificatamente la sequenza del Dna della pianta rendendo ad esempio la pianta capace di riconoscere un determinato patogeno. Alla FEM di S.Michele si sta cercando di ottenere piante cis-geniche che portano geni per la resistenza a ticchiolatura e colpo di fuoco batterico e piante resistenti all’oidio con l’approccio di genome editing. Le nuove NBT non sostituiscono ma complementano l’attività di miglioramento genetico basato su incrocio e selezione, che rimarrà essenziale per creare varietà di melo con caratteristiche innovative.