Da non credere ma al termine della seconda Guerra Mondiale Antonio Vivaldi – il geniale compositore de Le Quattro Stagioni e di musica oggi famosa in tutto il mondo – era pressoché sconosciuto e la sua musica giaceva tra gli scaffali di una biblioteca torinese. Da storica dell’arte prestata alla musica, Myriam Zerbi ha voluto ripercorrere le vicende di questa storia: “Un Fiume di musica” narra avvenimenti, peripezie e circostanze che hanno portato alla creazione, il 23 gennaio del 1947, dell’Istituto Italiano Antonio Vivaldi, fondato da un giovane di vent’anni, Antonio Fanna, e da Angelo Ephrikian, un suo amico di qualche anno più vecchio. Grazie alla loro tenacia, in un tempo record, a ritmo di 25 partiture l’anno, in 25 anni tutta la musica strumentale del Prete Rosso venne pubblicata. Martedì 16 Maggio – all’Ateneo Veneto, Sala Tommaseo, (h 17.30), Zerbi presenta il volune e conversa con Letizia Michielon. Attraverso le lettere delle figure principali della storia, i resoconti dei giornali dell’epoca e le memorie del fondatore, il libro ripercorre l’attività dell’Istituto – mettendo a fuoco in particolare quella dei primi anni, ferventi di entusiasmo, impegno e avventure, in un’Italia, segnata dalla guerra appena finita, in cui forte era sentito il desiderio di rinascita – fino al 1978, quando Antonio Fanna decide di donare l’Istituto alla Fondazione Giorgio Cini di Venezia dove, sull’isola di San Giorgio si continua la sua attività. Corredata da un ampio apparato iconografico e documentario, la narrazione si dipana attraverso le storie dei protagonisti, unite tra loro dal fuoco della passione che in Vivaldi si manifestava come furia di comporre: Angelo Ephrikian, allora critico musicale e direttore d’orchestra, che ebbe l’ispirazione e l’idea di tornare a far riascoltare la musica del veneziano, fondò un’orchestra e ne diresse le prime esecuzioni; Antonio Fanna che creò le basi per fondare l’Istituto e lo guidò, con fede incrollabile e determinazione per 50 anni; il mecenate che impose una clausola di restare anonimo, Francesco Continetto, violoncellista che suonava in un’orchestrina al Caffè Lavena in Piazza San Marco a Venezia e che fu copista impareggiabile e trascrisse oltre 500 manoscritti vivaldiani; il musicista Gian Francesco Malipiero, estroso e incandescente direttore artistico dell’Istituto, revisore di gran parte della musica del veneziano; e infine Eugenio Clausetti, illuminato gerente di Casa Ricordi che credette nell’impresa e si prese la responsabilità delle pubblicazioni.