L’incidente all’automobile Modello S, con pilota automatico, nel maggio 2016, non ha fatto cambiare il messaggio con cui si presenta quella che, secondo Forbes, è l’azienda più innovativa al mondo, la Tesla, fondata nel 2003 da Elon Musk: tutte le automobili prodotte nella nostra fabbrica di San Carlos in California “hanno la dotazione hardware necessaria per la guida autonoma con un livello di sicurezza sostanzialmente maggiore di quello di un conducente umano”. Non c’è solo la Tesla. Un’impresa molto più antica, che per molto tempo è stata la più grande azienda automobilistica al mondo, la General Motors, ha annunciato, non più di un mese fa, di voler dispiegare una flotta di “taxi autonomi” nelle più grandi città a partire dal 2019, in grado di lavorare 24 ore su 24, 7 giorni su 7, e di produrre margini di profitti superiori al 30%. Sulle auto autonome stanno investendo Ford, Uber, la Bmw. In questo momento nella sola California ci sono almeno 40 aziende che hanno ottenuto il permesso di testare su strade automobili senza pilota (umano). E, infatti, come ha ricordato di recente Jeffrey Mervis sulla rivista Science, sono molte le case automobilistiche che stanno investendo miliardi di dollari nello sviluppo di veicoli autonomi che, assicurano, saranno – anzi, che già sono – più sicuri, più puliti e più flessibili delle attuali automobili. Molti si dicono sicuri: nel giro di 5 anni i veicoli autonomi inizieranno la loro scalata nella prospettiva di sostituire per intero il parco automobilistico a guida umana. Pietro Greco sul giornale Il Bo ha spiegato tutta questa evoluzione, citando particolari d’interesse. Ha scritto, tra l’altro, che “avremo la possibilità di andare in qualsiasi momento ovunque senza impegno, ma standosene comodamente seduti leggendo, smanettando sull’iPhone, guardando un film o semplicemente dormendo. Insomma: il futuro è delle automobili senza pilota. Ma forse stiamo correndo troppo. In realtà, sostiene la rivista dell’American Association for the Advancement of Science, malgrado le ottimistiche dichiarazioni promozionali delle case automobilistiche, siamo ancora molto lontani sia dalla possibilità tecnica di mettere in strada un veicolo realmente autonomo sia dal conoscere quali saranno le sue performance in termini di sicurezza, di impatto ambientale e di mobilità delle persone”. Ci sono sei livelli – da quello zero a quello 5 – di automazione di un veicolo, sostiene Science. Il livello zero è quello della gran parte delle automobili che ancora guidiamo: in cui la macchina non fa nulla e l’uomo fa tutto. C’è poi il livello uno: in cui la macchina accelera, frena e guida in maniera automatica ma in cui è ancora l’uomo a governare tutto. Al livello due c’è un “pilota automatico” che accelera, frena e guida, ma l’uomo è in grado di intervenire in ogni momento lo ritenga opportuno. Il livello tre non è stato ancora raggiunto: è quello in cui la macchina si muove in maniera del tutto autonoma, sia pure in particolari condizioni, come per esempio su un’autostrada, ma non nel traffico cittadino. L’uomo può rientrare nel pieno controllo della macchina nel giro di pochi secondi (10 o 15). Il livello quattro prevede la completa autonomia della macchina, salvo in condizioni molto particolari. Il livello cinque, infine, prevede la completa autonomia della macchina. Sempre. Tu gli dici, con una app sul telefonino, dove vuoi andare e lei, ormai senza più sterzo e pedali, ti ci porta senza che tu possa intervenire in un qualsiasi modo. Ebbene, il modello S della Tesla – il più avanzato a tutt’oggi su strada, con il suo pilota automatico – si ferma al livello due di automazione. E l’impressione, sostiene Science, è che al livello cinque non ci si arriverà – ammesso che ci si arrivi – prima del 2075. Insomma, siamo molto lontani dal passaggio dalle auto guidate dall’uomo a quello dei “veicoli autonomi”. Questo passaggio, se ci sarà, non sarà brusco. Sarà graduale. Ma molti sono i nodi da sciogliere. Intanto bisogna verificare che già al livello due (quello dei veicoli oggi più avanzati) le performance annunciate siano effettivamente quelle attese. E poi bisogna ben definire le regole cui dovranno attenersi veicoli progressivamente sempre più autonomi. Trattando i problemi più pratici come quello della sicurezza. Ogni anno, nel mondo, muoiono 1,25 milioni di persone in incidenti stradali. Uno ogni 3,3 milioni di ore trascorse in auto. I veicoli a livello di autonomia pari a due o, in futuro, superiori promettono di aumentare la sicurezza sulle strade e, di conseguenza, di far diminuire il numero di morti. Tutto questo dovrà essere dimostrato in maniera scientificamente rigorosa. Ma il tema posto già oggi – anche alla luce dell’incidente che ha coinvolto il modello S della Tesla che, accecato da un riflesso luminoso, ha tamponato un camion – è quando dovrà essere consentito a questo tipo di veicoli di circolare liberamente: quando avranno dimostrato di diminuire del 90, il 50 o anche il 10% il numero di incidenti (soprattutto di incidenti mortali)? E, soprattutto, quando saranno accettati – se mai lo saranno – dalla popolazione: quando avranno dimostrato di fare il 90% o anche solo il 10% di incidenti mortali in meno? Qui entra in gioco la percezione del rischio che, come spiega Matthew Hutson in un altro articolo su Science, determinerà il successo o l’insuccesso di questa tecnologia. E neppure sappiamo quale sarà l’impatto ambientale di un sistema di trasporti automobilistici basato su veicoli autonomi. In definitiva: è troppo presto per sapere se ci saranno auto del tutto autonome e quale successo avranno.

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