Dalle vicine città della Sloveia e Croazia arrivano regolarmente in Friuli Venezia Giulia o, viceversa, percorrono il tragitto opposto: sono i lavoratori transfrontalieri dei quali si è discusso a Trieste durante l’evento finale di Euradria 2016, il Progetto cofinanziato dal Programma EaSI dell’Unione Europea per studiare i flussi di mobilità tra le regioni di confine di Italia, Slovenia e Croazia, proponendo la rimozione degli ostacoli alla dinamicità ancora presenti. La ricerca che ha aperto l’odierna serie di presentazioni riguarda l’assistenza domiciliare personalizzata, ovvero uno studio sulla domanda e l’offerta delle badanti nella città di Trieste (foto). Lo studio è stato curato dal team di ricerca coordinato dalla prof. Maria Chiara Passolunghi dell’Università di Trieste, con la collaborazione della Regione Friuli Venezia Giulia e del Comune di Trieste. Dai dati di campione raccolti emerge come il maggior numero di badanti (32%) provenga dall’Ucraina, con la Romania al secondo posto (11%), la Moldavia al terzo (8%) e a seguire la Croazia (5%). Preoccupa la rilevazione secondo la quale quasi la metà (48,7%) non abbia un regolare contratto di lavoro, con il lavoro in nero che è statisticamente più diffuso tra le lavoratrici italiane rispetto a quelle straniere. Un’indagine campionaria tra lavoratori transfrontalieri di Italia, Slovenia e Croazia è stata invece presentata da Rado Fonda, esperto statistico dell’Amministrazione regionale. Michele Berti, in rappresentanza del Consiglio sindacale interregionale, ha invece illustrato la Guida di orientamento per i lavoratori frontalieri tra Italia e Croazia. “Cominciamo finalmente a costruire degli strumenti che ci permettono di analizzare le realtà del lavoro transfrontaliero”, ha detto l’assessore regionale al lavoro Loredana Panariti nel suo intervento di apertura, nel quale ha evidenziato come fino ad oggi questi flussi presenti da molto tempo non siano stati studiati a dovere. “Ora – ha aggiunto – siamo in grado, grazie a questi primi studi, di affrontare in modo rigoroso e scientifico il fenomeno. Spero che questi strumenti possano essere utili in diversi modi magari all’interno dei Centri per l’Impiego, agli sportelli comunali o in altri luoghi, affinché si crei in questo spazio tristatale una rete di relazioni e scambio di buone pratiche, utili alla qualità del lavoro”.

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