Nei restaurati fabbricati del Canapificio Veneto Antonini Ceresa di Cornuda (Treviso), dialogano passato, presente e futuro. Qui, c’è aria di passione e bellezza, storia e innovazione. Negli stessi spazi dove, alla fine dell’Ottocento, si lavorava la canapa per produrre corde, nel 2002 ha trovato casa la Tipoteca, polo museale dedicato all’arte della stampa e della tipografia, un progetto avviato già nel 1995 con la Fondazione Tipoteca Italiana, promossa dai fratelli Antiga, titolari di Grafiche Antiga, e nata per valorizzare il patrimonio storico della tipografia italiana, documentando il lavoro dei tipografi e dei più grandi disegnatori di caratteri, tra tutti, il maestro Aldo Novarese dello studio artistico Nebiolo, creatore di alfabeti che circolano ancora oggi in versione digitale. Di questo ha scritto sul giornale il Bo dell’ateneo padovano, Francesca Boccaletto. Tipoteca (foto di Massimo Pistore) è un punto di riferimento per la storia del design tipografico, che si offre come museo, archivio, stamperia, galleria e auditorium. Un universo multiforme, dinamico e interessante; non c’è polvere qui, non ci si ferma alla semplice contemplazione di un passato glorioso: gli ambienti, pensati e progettati da Silvio Antiga e dall’architetto Alberto Prandi, invitano alla scoperta e all’azione. “Questo è un working museum – ha illustrato Sandro Berra, coordinatore generale -, le macchine esposte vengono ancora utilizzate e i caratteri provenienti da tutta Italia, vero tesoro di Tipoteca, non sono custodi di un sentimento nostalgico, ma una opportunità di qualità”. Negli spazi dell’ex canapificio ci sono corridoi e sale espositive, e presse piano-cilindriche e a platina e postazioni per la legatura artigianale, e qui alcuni ragazzi di una scuola superiore di primo grado stanno facendo esperienza di stampa, guidati da professionisti. Si attraversano gli spazi con tutta calma, per cogliere dettagli rivelatori, ammirare le macchine tipografiche d’epoca, le pareti-archivio con i caratteri in piombo, sistemati in 600 cassetti metallici, e i più leggeri caratteri di legno usati per manifesti di grandi dimensioni e disposti in una doppia parete con 1.260 cassetti. E ancora, le collezioni di matrici in rame e in lega e i punzoni incisi a mano, locandine storiche, libri d’arte e riviste degli anni Trenta, alcuni dei 40 mila spartiti musicali donati a Tipoteca da Salvatore Siragusa, titolare de La musica moderna, sistemati sul tavolo della biblioteca e pronti per essere catalogati, le opere selezionate per le mostre temporanee della galleria (ora è in corso una esposizione dedicata alle incisioni veneziane del Settecento) e un magazzino ricchissimo di materiali. Ogni cosa è al suo posto, ordinata e conservata con cura. Al tempo stesso, ogni dettaglio rivela una sorprendente vitalità. “Quello che davvero ci interessa è il dialogo con la contemporaneità, partendo dalla formazione dei giovani – ha spiegato Berra – La maggior parte dei nostri visitatori sono nativi digitali, in un anno possiamo accogliere anche diecimila studenti e, spesso, questi ragazzi non hanno idea di cosa significhi stampare. Sulla scrittura a mano, poi, dovremmo aprire un’ulteriore riflessione e chiederci: perché oltre a usare il pc non usiamo la penna? È inutile voler salvare i caratteri se non sappiamo più scrivere a mano. Il corsivo è nato in Italia, smettere di scrivere in corsivo significa anche rinunciare alla propria identità”. Ripartire dai giovani, dunque, per riscoprire la bellezza della stampa con uno sguardo al futuro. “Il visitatore ideale è lo studente di grafica e design: è nel nostro interesse trasmettere conoscenze e saperi. Un giorno chi si prenderà la briga di stampare i carteggi di Steve Jobs?”.

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