“Le giuste preoccupazioni manifestate dai sindaci agordini, ma anche da tanti altri sindaci in giro per l’Italia, non possono essere tacciate di razzismo ma sono il frutto della doverosa preoccupazione che ogni primo cittadino deve avere relativamente alle conseguenze che potrebbe comportare l’accettare nella propria anagrafica comunale nuovi residenti”. Con queste parole l’assessore regionale alla specificità di Belluno Gianpaolo Bottacin esprime tutto il suo sostegno nei confronti di quei sindaci che si stanno ribellando agli ordini governativi e prefettizi di accogliere chiunque e comunque senza le dovute valutazioni del caso. (Da conoscere la realtà in prov. di Belluno, ad esempio, 15 sindaci dell’Agprdino su 16 hanno detto no all’arrivo di nuovi profughi). “Chi non ha diritto all’asilo – aggiunge – è un clandestino; paradossalmente però chi, come i profughi realmente certificati, riesce ad ottenere il diritto di asilo, deve poi essere iscritto all’anagrafe, diventando un caso sociale a carico del comune. Per i sindaci quella che viene chiamata accoglienza rischia di trasformarsi in una pesantissima problematica perché significherà avere nel proprio territorio o dei clandestini, e la clandestinità è un reato, o dei nuovi casi sociali a carico del comune”. “Dati alla mano – fa presente Bottacin – un richiedente asilo costa infatti quasi quindicimila euro all’anno, costi che ricadranno sul comune di residenza. Con le casse dei comuni massacrate dai tagli di Renzi, diventa insostenibile quella che qualcuno chiama accoglienza. I sindaci, che sono ormai quotidianamente in trincea confrontandosi non senza difficoltà con casi sociali di cittadini italiani a cui spesso non riescono a dare risposte, in che modo potrebbero darne ad ulteriori persone di dubbia provenienza?”. “I richiedenti asilo non scelgono il Comune dove andare – argomenta l’assessore – ma vengono destinati dalla Prefettura sulla base di indicazioni ministeriali, quello che pochi hanno chiaro è che, se un richiedente asilo ne fa richiesta, deve essere obbligatoriamente iscritto all’anagrafe del Comune dove si trova in quel momento; il che significa che per i richiedenti minorenni o quelli nati in Italia da profughe scatta l’obbligo del domicilio di soccorso con il rischio di accollare ai comuni costi notevolissimi. Prima di qualsiasi valutazione – conclude Bottacin – sarebbe pertanto opportuno modificare questa normativa capestro, di cui spesso le prefetture dimenticano di dare informazione, ma soprattutto sarebbe importante che almeno una parte del residuo fiscale fosse lasciato sul territorio per gestire le emergenze. A Belluno ciò significherebbero 4000 euro in più a beneficio di ogni cittadino, che oggi invece trattiene Roma. Se lo Stato vuole accoglienza, almeno restituisca ai sindaci queste fondamentali risorse”.