Per il settore cultura,su BO LIVE, il giornale web dell’ateneo di Padova, Federica D’Auria ha scritto un testo in cui ricorda che il 1564 e’stato un “anno mirabilis” per gli anniversari importanti che hanno modificato per sempre la storia culturale e italiana: cioe’ la morte di Michelangelo e Calvino, e la nascita di Galilei e Shakespeare. Dopo la morte di Galilei ci furono dei tentativi di dimostrare che quest’ultimo fosse nato lo stesso giorno della morte di Michelangelo. Lo storico della scienza Egidio Festa, che si è occupato in particolare di Galilei, ricostruisce nel suo libro Galilei: la lotta per la scienza le ricerche di questo tipo che furono condotte da Vincenzio Viviani ed Eugenio Alberi, rispettivamente nel XVII e nel XIX secolo. Ciò, a loro avviso, avrebbe dimostrato l’esistenza di una Divina Provvidenza che aveva voluto donare all’Italia un nuovo genio come erede spirituale di quello precedent, ha scritto D’Auria. Tale ricorrenza
però, nel corso della storia fu screditata dallo storico Antonio Favaro, il quale calcolò uno stacco di tre giorni tra la nascita di Galileo e la morte di Michelangelo. Pignolerie forse?Ma la storia va rispettata sempre. Nonostante ciò, sembra che esistano alcune ragioni per immaginare un ideale passaggio di testimone tra questi intellettuali, accomunati dall’aver modificato o addirittura sovvertito, seppur in campi diversi, paradigmi culturali radicati da secoli. Il giovane Michelangelo vive nel periodo rinascimentale, in cui l’immaginario comune si era progressivamente trasformato: l’uomo non era solo soggetto, ma anche oggetto dell’attenzione scientifica e culturale. La sua complessità era diventata finalmente degna di essere studiata per le sue caratteristiche fisiche e intellettuali. È proprio in questo contesto storico e politico di grande splendore artistico e letterario, ricco di innovazioni culturali e mecenatismo, che prospera il genio artistico di Michelangelo. Il suo impegno per studiare e imitare l’anatomia umana si basava sull’ideologia secondo cui l’aspirazione al divino non si realizza attraverso la mera speculazione teologica, ma attraverso l’arte. È celebrando e imitando la bellezza dell’anatomia umana, non rifiutandola e mortificandola, che ci si avvicina alla conoscenza del mondo metafisico.
Questo clima di libertà e innovazione era però destinato ad essere frenato bruscamente nella seconda metà del secolo. Giovanni Calvino (nome umanistico di Jean Cauvin), rifacendosi alle tesi luterane, affermava che il criterio secondo il quale Dio sceglie chi riceve la grazia e chi no è inconoscibile dall’uomo (anche se egli credeva che un segno della propria predestinazione potesse essere rintracciato nel successo economico). Insomma, la grazia di Dio era un dono gratuito e imprevedibile che non poteva essere comprato attraverso la vendita delle indulgenze. In Italia, la Chiesa cattolica reagì duramente al Calvinismo. Il Concilio di Trento e la Controriforma segnarono il ritorno alla censura in arte e letteratura e al rifiuto di qualsiasi indagine scientifica che contradicesse le sacre scritture. Tale perciò era la situazione nel 1564, alla morte di Michelangelo e alla nascita di Galilei. Di questi ha conversato l’autrice del servizio con Giulio Peruzzi, professore di storia della fisica all’università di Padova; egli ha ricordato che “Galilei non era ateo, infatti credeva che le leggi della natura fossero stabilite da Dio, e che il compito del teologo fosse interpretare le sacre scritture anche alla luce dei risultati della scienza moderna. Insomma, la Chiesa correva un rischio a condannarne i risultati, perché rischiava di etichettare come false teorie che invece poi sarebbero risultate vere”. Come ha spiegato il professor Peruzzi, “Galilei prende come ispirazione Umanesimo e Rinascimento e dà alle invenzioni una valenza di strumento scientifico per condurre esperimenti. Anche la Scolastica studiava i fenomeni, ma ad occhio nudo. La scienza modernamente intesa, invece, si serve degli strumenti per potenziare i sensi e del processo che guarda ai fenomeni scomponendoli in fatti semplici”. Tutto ciò si può collegare a una delle idee cardine del Rinascimento, ovvero quella di Leonardo da Vinci, basata sulla relazione tra arte e scienza. Il metodo scientifico e l’arte, secondo questo punto di vista, seguono le stesse regole: indagano e imitano la natura. Artisti e scienziati collaborano, non solo perché gli artisti illustrano i manuali scientifici, ma anche perché lo scopo che perseguono è comune: approfondire la conoscenza del mondo attorno a loro. Purtroppo le idee di Galilei non vennero comprese ai tempi della Controriforma, motivo per il quale lo scienziato pisano fu costretto ad abiurare. Nonostante ciò, il contributo che aveva dato alla scienza era troppo importante per essere ignorato, ed era infatti destinato a rivoluzionare per sempre la storia della fisica. E Shakespeare? Anche lui credeva in un universo eliocentrico. Non ebbe mai nulla a che fare con Galilei, ma era stato discepolo dell’astronomo Thomas Digges. Sono vari i riferimenti all’astronomia nell’opera shakespeariana che testimoniano la sua preparazione in materia; uno dei più famosi si trova nell’Amleto, atto II, scena 2.
“Doubt thou the stars are fire; Doubt that the sun doth move; Doubt truth to be a liar; But never doubt I love”.
Il bardo inglese visse nello stesso periodo di Galileo, ma in un contesto culturalmente affine a quello rinascimentale di Michelangelo. Infatti, i valori del Rinascimento arrivarono in ritardo in Inghilterra, e proliferarono anche in seguito alla riforma protestante. Tutto ciò avveniva proprio mentre l’Italia era in piena fase di Controriforma. Shakespeare condivideva l’idea di Michelangelo che lo spirito creativo fosse un’energia positiva e spontanea. Nelle sue opere si trova il riflesso dei momenti di grande rivoluzione storica e culturale che si respirava in epoca elisabettiana. L’attenzione alla psicologia dei personaggi, la ripresa di temi classici e le riflessioni sulla società, sull’etica e sulla politica rendono l’opera di Shakespeare immortale e sempre attuale, rivoluzionando per sempre il teatro e il suo linguaggio.
Qual è il comune denominatore che lega le grandi personalità di Michelangelo, Calvino, Galilei e Shakespeare? Si tratta di quattro grandi menti che hanno vissuto a distanza di pochi anni, seppur in contesti culturali totalmente diversi. Se si vuole parlare di un passaggio di testimone, questo non è dovuto alle rispettive date di nascita e di morte, bensì al fatto che tutti loro hanno prodotto un cambio di paradigma nei rispettivi contesti: artistico, religioso, scientifico e letterario.(foto camera press, Fabio Frustaci, contrato).

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