I farmaci per HCV, trattandosi di farmaci innovativi, hanno prezzi di listino elevatissimi. Tuttavia, è noto che ai prezzi di listino sono applicati degli sconti che non sono di dominio pubblico. Nel 2015, si sono curati 30.000 pazienti, e il trend di chiusura del 2016 si attesta più o meno sulla stessa quantità. Così una nota di “Motore Sanità”. Nel 2017 si potrebbe ipotizzare al massimo un incremento di 10.000 pazienti poiché esiste un vero e proprio limite di capacità di cura dei 333 reparti autorizzati al trattamento per HCV. In sintesi, con i costi attuali al netto degli sconti, potrebbero bastare 600 milioni di euro all’anno per rimuovere le restrizioni di accesso e attivando le linee guida. Non c’è nulla di insostenibile, serve solo un piano di eradicazione della malattia strutturato e condiviso ma soprattutto una garanzia sulla continuità delle risorse. A differenza di altre patologie croniche, sulle quali ogni anno bisogna stanziare cifre uguali se non superiori, sull’epatite C si è trovata una cura definitiva. Questo significa enormi risparmi di costi diretti e indiretti che resteranno in carico alle Regioni. L’impegno nel 2016 è destinato ad aumentare ulteriormente con un allargamento ulteriore dell’accesso alla terapia grazie alla progressiva riduzione del prezzo e alla continua attenzione per questa problematica da parte delle autorità sanitarie regionali con importanti stanziamenti economici dedicati a combattere l’epatite C nel Veneto. Un workshop a Padova è stato programmato il 4 novembre presso il centro servizi dell’Azienda ospedaliera con la partecipazione di esperti in sanità e autorità regionali. L’iniziativa è di “Motore Sanità”. La diffusione dei virus HCV ha toccato in Italia la massima intensità tra gli anni 60 e la metà degli anni 80. Da tale periodo è iniziato un declino della incidenza di infezioni legato principalmente alle migliori conoscenze delle vie di trasmissione, alla diffusa adozione di materiali medici monouso e, più in generale, all’elevarsi del livello igienico sanitario. In una nota è detto che l’infezione da HCV ha generato un numero cospicuo di portatori cronici del virus a causa dell’elevato tasso di cronicizzazione. Premesso che una stima precisa della prevalenza di anti-HCV non esiste, è verosimile che circa il 3 % della popolazione italiana è venuta a contatto con il virus, e circa un milione sarebbero i pazienti portatori cronici del virus. Queste persone contagiate, molti sono già deceduti, altri sono alle prese con le conseguenze delle sue complicazioni (epatite cronica, cirrosi e tumore del fegato), altri riescono a controllarne il decorso che si evolve in maniera più o meno benigna, ma molti altri non hanno ancora scoperto l’infezione. Quel che continua a destare preoccupazione non solo per gli ammalati anche per le loro famiglie è che non ci sono stime attendibili. Va precisato che in Italia l’epatite C, è la causa principale delle epatiti croniche; delle cirrosi; dei tumori al fegato; dei trapianti di fegato e dei decessi di malati di AIDS (coinfetti). Stando all’Istituto Superiore di Sanità le principali modalità di trasmissione sono quelle nosocomiale, la tossicodipendenza, trattamenti estetici, tatuaggi e piearcing effettuati in ambienti non adeguatamente sterilizzati e che le nuove infezioni sono attualmente diminuite ma nell’ipotesi più ottimistica ogni anno si verificano circa mille nuovi casi di epatite da virus C. A detta di studiosi e ricercatori nei prossimi 5-10 (questa è una previsione) emergeranno complicanze della malattia HCV relata, e tale situazione porterà ad una crescente domanda di trapianti di fegato e trattamenti per l’epatocarcinoma.