Dai tanti governi che si sono avvicendati in Italia in questi ultimi decenni sempre e’ sempre stato promesso – e mai mantenuto – che il fisco sarebbe stato meno impositivo con adeguati scsglioni di prelievo. Stessa promessa da parte dei partiti. Imporre tasse e”sempre stata la strada piu’ comoda per i nostri governanti. Al 2020 molto poco e’stato fatto e l’erario continua a spremere gli italiani e a mantenere valide tutte le accise, sempre per far cassa. Sta di fatto che i numerosi sondaggi – di ieri edi oggi – segnalano un pieno scontento degli italiani, vittime di un fisco troppo esoso e gestito da un’Agenzia la quale, pur di incassare, ha facolta’ di erogare sanzioni, dopo accertamenti che potrebbero essere mediati con piu’equita’tra contribuente e il cosidetto “fisco amico”. Negli ultimi 20 anni le entrate tributarie sono aumentate di 166 miliardi di euro. Se nel 2000 l’erario e gli enti locali avevano incassato 350,5 miliardi di euro, nel 2019 il gettito, a prezzi correnti, è salito a 516,5 miliardi. In termini percentuali, la crescita in questo ventennio è stata del 47,4 per cento, 3,5 punti in più rispetto all’aumento registrato sempre nello stesso arco temporale dal Pil nazionale espresso in termini nominali (+43,9 per cento) . Il coordinatore dell’Ufficio studi Paolo Zabeo ha fatto alcune importanti osservazioni.“Qualcuno può affermare con certezza che grazie a 166 miliardi di tasse in più versati in questi ultimi 20 anni la macchina pubblica è migliorata? In altre parole, la giustizia, la sicurezza, i trasporti, in particolar modo quelli a livello locale, le infrastrutture, la sanità e l’istruzione sono oggi più efficienti di allora ? Oppure, famiglie e imprese sono state obbligate a pagare di più e hanno ricevuto dallo Stato sempre meno ? Non abbiamo dubbi. Tra le due ipotesi ci sentiamo di avvalorare quest’ultima, anche perché questo maxi prelievo ha impoverito il Paese, provocando, assieme alle crisi maturate in questo ventennio, una crescita dell’Italia pari a zero che nessun altro paese del resto d’Europa ha registrato”. Se il conto lo hanno pagato i contribuenti italiani, i vantaggi, invece, sono andati soprattutto all’erario e in minima parte a Regioni e Comuni. In attesa che il Governo presenti la riforma fiscale che consenta una drastica riduzione della pressione tributaria, i dati appena descritti consentono all’Ufficio studi della CGIA di fare una riflessione anche sul tema dell’autonomia differenziata. Un argomento, quest’ultimo, che negli ultimi mesi, anche a seguito della crisi pandemica, pare sia stato rimosso dall’agenda politica dell’Esecutivo.
“In questi ultimi anni – conclude Paolo Zabeo – il tema dell’autonomia differenziata è stato vissuto come una contrapposizione tra Nord e Sud del Paese, invece, è una partita che si gioca tra il centro e la periferia dello Stato. Tra chi vuole un’Amministrazione pubblica che funzioni meglio e costi meno e chi difende lo status quo, perché trasferendo funzioni e competenze ha paura di perdere potere e legittimità. E per conservare posizioni che non sono più difendibili, i proponenti di questa riforma sono stati accusati di voler impoverire ulteriormente le realtà territoriali più in difficoltà del Paese”. Dalla CGIA, invece, sono convinti che questa riforma possa far bene a tutta l’Italia e non solo alle regioni che per prime hanno chiesto maggiore autonomia. Il segretario Renato Mason al proposito ha detto: “Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna sono le regioni che stanno vivendo la fase più avanzata di questa partita, ma molte altre, in forme diverse, hanno manifestato l’interesse ad avviare una trattativa con l’Esecutivo. Più autonomia equivale a più responsabilità ed è evidente che i risparmi e l’extra gettito prodotto devono rimanere, in massima parte, nei territori che li generano. A loro volta, le realtà territoriali più sviluppate dovranno comunque aiutare chi è in difficoltà, applicando il principio della solidarietà. Se queste tre regioni riusciranno a far decollare la riforma, è evidente che provocheranno un effetto trascinamento che imporrà la riduzione della spesa pubblica”. (ph arch.)

Lascia un commento