Puntuali stasera, 14 luglio, vengono sparati i fuochi d’artificio (40 minuti la durata) in bacino San Marco per la tradizionale festa del Redentore, alla presenza di migliaia di italiani e stranieri, che a bordo di barche di vario tipo, o dalle rive della Giudecca, di riva degli Schiavoni, da San Marco, si godono tra qualche ora lo spettacolo che illunina di straordinari colori il “cuore” di Venezia. Un vero calendoscopio. Ma merita dare delle indicazioni sulla storia e le opere della Basilica del Santissimo Redentore. Va segnalato che il tempio, sagrestia compresa, ospita opere di numerosi artisti importanti tra cui: il Battesimo di Gesù, commissionata dai Provveditori della Fabbrica a Paolo Veronese che accettò e iniziò il lavoro nel 1580, ma fu terminato dai suoi figli Carlo e Gabriele in seguito all’improvvisa morte del pittore; la flagellazione di Cristo di Jacopo Robusti, detto il Tintoretto; la nascita di Cristo, la resurrezione di Cristo entrambe a cura di Francesco Da Ponte, detto Bassano il Giovane; il voto di Venezia per la liberazione della peste, opera eseguita dal frate cappuccino Paolo Piazza e la Madonna col Bambino, tra San Giovannino e i Santi Gerolamo, Anna, Francesco e Caterina d’Alessandria e il Trasporto di Cristo al sepolcro di Jacopo Negretti. detto Palma il Giovane. Un focus sulla basilica è stato pubblicato dal portale del comune di Venezia. Come noto, la chiesa è stata eretta a seguito di un voto fatto dal Senato della Repubblica nel settembre 1576 in seguito a una terribile epidemia di peste che aveva colpito la città l’anno precedente (1575) e che provocò 50.000 morti. Dopo neanche tre mesi dalla posa della prima pietra sulla fondamenta che costeggia il canale della Giudecca, la peste scomparve. Il doge, i magistrati, i nobili, gli ecclesiastici e il popolo decisero di ringraziare pubblicamente il Signore con una processione che viene fatta ogni anno da tantissimi fedeli veneziani di acqua e di terra. L’opera fu commissionata ad Andrea Palladio, “Proto” (cioè architetto capo) della Serenissima, ma fu portata a termine da Antonio da Ponte in seguito alla morte del celebre architetto. Il progetto ebbe delle restrizioni; la chiesa era destinata ai padri cappuccini, i quali scelsero la planimetria, che doveva essere conforme a quella del modello dei Francescani, e i materiali utilizzati. In particolare quest’ultimi dovevano sposarsi con una regola del loro ordine, quella di povertà. Di conseguenza vennero preferiti mattoni e cotto ai classici marmi e materiali pregiati normalmente utilizzati nella realizzazione delle chiese, utilizzando sempre la luce naturale. La pianta è impropriamente definita a croce latina. Va precisato che essa deriva dall’armonica composizione di quattro spazi diversi: la navata rettangolare, le cappelle laterali, la cella tricora composta dalle due absidi e dal filtro di colonne curve, il coro. Palladio, per ottenere questo risultato, studiò le planimetrie delle antiche strutture termali, in particolare quelle di Agrippa. Così risulta da antichi documenti.

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