Si parla sempre più spesso di aumento delle disuguaglianze nella distribuzione della ricchezza mondiale: persino al World Economic Forum di Davos, gotha mondiale di paperoni e finanzieri, dove l’Oxfam ha presentato una ricerca sull’argomento. Si tratta però di un’impressione corrispondente al vero? La parola va a Lorenzo Forni, economista dell’università di Padova e di Prometeia, una delle maggiori realtà italiane nel campo delle ricerche e delle analisi macroeconomiche. Daniele Mont D’Arpizio ha scritto un testo su Bo Live, il giormale web dell’ateneo. “Non ci si deve innanzitutto stupire che anche le élites finanziarie si occupino di questo argomento perché ovviamente ha delle implicazioni immediate, sia economiche che politiche, che vanno in qualche maniera affrontate e gestite – ha sostenuto Forni –. Se poi vediamo le cifre in realtà la disuguaglianza a livello mondiale è diminuita molto negli ultimi 20-30 anni perché ci sono milioni di persone che sono uscite dalla povertà, soprattutto in Paesi come Cina e India; sono invece aumentate le disuguaglianze all’interno dei singoli Paesi, in particolare quelli avanzati”. Le cifre indicate dall’analisi di Oxfam sono impressionati: risulta ad esempio che oggi 26 supermiliardari possiedono la stessa ricchezza dei 3,8 miliardi di persone che compongono la metà più povera dell’umanità; dell’umanità; l’anno scorso erano 43. Inoltre l’82% dell’incremento di ricchezza globale registrato l’anno scorso è finito nelle casseforti dell’1% più ricca della popolazione, mentre la metà più povera del mondo (3,7 miliardi di persone) non avrebbe ricevuto nulla. Una situazione che, secondo Forni, affonda le radici in una molteplicità di fattori, a cominciare dalla rivoluzione tecnologica che specie nell’ultimo decennio ha completamente rifondato il nostro modo di comunicare e di lavorare. Con effetti che influenzano in maniera decisiva il nostro stesso modello di sviluppo economico, anche perché in una società dove la distribuzione dei redditi è particolarmente squilibrata i consumi tendono a scendere. A questo riguardo le proposte di Oxfam sono di aumentare le tasse sui redditi alti, introdurre una patrimoniale e aumentare la spesa pubblica. Invertire questa tendenza è però possibile oltre che auspicabile? “Partiamo innanzitutto da un dato: la tassazione sui redditi alti negli ultimi anni è calata. Secondo le stime del FMI l’aliquota marginale più alta nei Paesi avanzati in media è passata dal 62% al 35%. C’è stata quindi una fortissima riduzione della progressività, che però secondo molti studi non avrebbe un impatto così negativo sull’economia, così come non lo ha la tassazione della ricchezza immobiliare”. L’aliquota marginale più alta nei Paesi avanzati negli ultimi anni è passata da una media del 62% al 35%. L’importante è cominciare ad affrontare la questione: “a questo riguardo la giovane deputata al Congresso Alexandria Ocasio-Cortez (foto Bo Live, UniPd) ha proposto di aumentare l’aliquota marginale sui redditi più alti fino all’80%, una proposta che in realtà si basa su un articolo del Nobel per l’economia Peter Diamond. Se ne può discutere, ma intanto qualcosa si sta muovendo”. Per quanto infine riguarda l’aumento della spesa pubblica, in Paesi con un livello già elevato di welfare sarebbe forse più opportuno parlare di una sua redistribuzione: “Credo che nessuno abbia ad esempio da dire in Italia su una forma di reddito di cittadinanza o di aiuto ai poveri, il disaccordo nasce sul fatto di finanziarla a debito invece di trovare le coperture”, ha concluso il prof. Forni.