I caprioli sono ormai di casa a ValleVecchia di Caorle (Venezia), l’azienda sperimentale di Veneto Agricoltura. Lo conferma l’annuale ”censimento al faro” effettuato nei giorni scorsi dai tecnici di dell’Agenzia regionale d’intesa con la Polizia Locale della Città Metropolitana di Venezia. Nel corso dell’operazione, svoltasi nelle ore notturne, due equipaggi in auto e con faro alogeno hanno percorso le piste di servizio coprendo tutti i circa 300 ettari di terreno a seminativo dell’azienda agricola (800 circa quelli totali). Sorprendenti i dati finali del monitoraggio, visto che sono stati contati ben 158 capi di capriolo: “un numero ragguardevole – confermano gli operatori – che corrisponde a più di un capo ogni due ettari. Una densità che non ha eguali in altre aree nazionali e probabilmente anche europee” (foto la sirtide.it). Le caratteristiche ambientali di ValleVecchia rappresentano un habitat ideale per questo ungulato che qui, fin dalla sua introduzione agli inizi del 2000, è cresciuto di numero. Negli ultimi censimenti effettuati nell’area si registra infatti un costante aumento di popolazione con crescite annuali del 8-9%. Basti pensare che dai 134 capi censiti nel 2017 si è passati ai 143 del 2018 fino ai 158 capi attuali. L’importanza di queste informazioni sta nel fatto che si sa ancora molto poco dei comportamenti del capriolo e dell’utilizzo che questo fa del suolo negli spazi di pianura, visto che fino a pochi decenni fa la specie era conosciuta e studiata quasi esclusivamente nelle aree di montagna e collina. Grazie ai vari interventi ambientali effettuali in agricoltura nell’ultimo quarto di secolo, la specie è stata attirata anche in pianura, tanto che ormai si sta diffondendo sempre più in tutta la nostra regione. Oltre all’alto veneziano il capriolo è infatti particolarmente diffuso in provincia di Rovigo, lungo le principali aste fluviali e in tutta l’alta pianura veneta. Fortunatamente gli impatti con l’agricoltura da parte del capriolo sono molto limitati in quanto questo ungulato è specie territoriale e pertanto non forma gruppi numerosi, a differenza del daino. La sua dieta è inoltre quella di un brucatore selettivo per cui il suo impatto alimentare si diluisce su ampi spazi. Qualche impatto negativo invece potrà emergere nelle zone urbane, dato che il rischio di collisioni e di incidenti stradali è effettivamente reale, delineandosi come un possibile problema per l’incremento delle popolazioni di pianura.