Credenti o non, c’è da emozionarsi di fronte ai tre Crocefissi di Donatello che verranno posti vis a vis nella mostra “Donatello svelato. Capolavori a confronto. Il crocifisso della chiesa dei Servi a Padova, della Basilica del Santo e di Santa Croce a Firenze” allestita al Diocesano di Padova dal 27 marzo al 26 luglio, per iniziativa della Diocesi di Padova. Il termine “svelato” utilizzato nel titolo non è affatto casuale. Al centro dell’esposizione sarà infatti un Donatello che va ad aggiungersi al catalogo delle opere certe del maestro fiorentino, il Crocifisso dell’antica chiesa padovana di Santa Maria dei Servi.
Svelato nell’attribuzione ma anche nella sostanza perché, sino al restauro voluto dal Direttore regionale per i beni culturali e paesaggistici del Veneto Ugo Soragni e condotto dalla Soprintendenza per beni storici, artisti ed etnoantropologici per le province di Venezia, Belluno, Padova e Treviso con la collaborazione della Soprintendenza per i beni storici artistici ed etnoantropologici del Friuli Venezia Giulia nel laboratorio di Udine di quest’ultima, la scultura lignea si presentava con le parvenze di un bronzo, per effetto di uno spesso strato di ridipinture. Affidato alle sapienti cure dei restauratori Angelo Pizzolongo e Catia Michielan, sotto la direzione di Elisabetta Francescutti, il grande Crocifisso è emerso in tutta la straordinaria finezza dell’intaglio e nella originale cromia. La mostra, ospitata nello scenografico Salone dei Vescovi, sarà così l’occasione storica di ammirare riuniti per la prima volta tre grandi Crocifissi che Donatello produsse nel corso della sua vita: quello realizzato per la chiesa di Santa Croce in Firenze (1406-08) – oggetto di una celebre gara con l’antagonista Filippo Brunelleschi raccontata da Giorgio Vasari nelle sue Vite -, quello dei Servi e quello bronzeo della Basilica di Sant’Antonio a Padova (1443-1449). Un’opportunità assolutamente unica e inedita di osservare da vicino i tre capolavori, leggendo attraverso di essi il percorso compiuto dall’artista dagli anni giovanili alla piena maturità, e di confrontarsi con il fulcro del messaggio cristiano attraverso l’interpretazione che un grande artista del Rinascimento ne ha dato nel corso della sua esistenza. Il Crocifisso ligneo di Santa Maria dei Servi in Padova è stato attribuito a Donatello alcuni anni fa da Francesco Caglioti, dell’Università di Napoli, che sulla scorta delle ricerche di Marco Ruffini ha restituito alla scultura la corretta paternità, attestata dalle fonti più antiche ma ben presto dimenticata. L’oblio del nome di Donatello si spiega con la particolare devozione di cui l’opera ha goduto, e tuttora gode, specialmente in seguito ai fatti miracolosi del 1512, quando l’immagine in più occasioni sudò sangue dal volto e dal costato. Con il passare dei secoli la memoria popolare trasferì la paternità donatelliana alla scultura gotica della Vergine conservata sempre nella chiesa, ma la speciale cura dei fedeli per il Crocifisso ne assicurò la conservazione, preservandolo dalla distruzione o dalla dispersione, sorte molto comune per questo tipo di immagini scolpite. Se in un primo momento l’attribuzione, argomentata da Caglioti su basi stilistiche, ha suscitato qualche perplessità e un atteggiamento di prudenza all’interno della comunità scientifica, oggi i risultati del restauro, realizzato con il finanziamento del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, non lasciano più dubbi.
La rimozione della spessa ridipintura a finto bronzo rivela ora tutta la qualità dell’intaglio e della policromia originaria, in buona parte conservatasi, restituendo a Padova un capolavoro che va ad aggiungersi alle altre opere che Donatello ha lasciato durante la sua permanenza in città (1443-1453) – la statua equestre del Gattamelata, l’altare e il Crocifisso bronzeo per la Basilica di Sant’Antonio – aggiungendo un ulteriore tassello nella vicenda biografica dell’artista. Al termine del restauro, e prima di essere collocato nuovamente sull’altare dedicatogli nella chiesa dei Servi di Padova, il Crocifisso sarà esposto al Museo Diocesano di Padova, in modo da consentire al più vasto pubblico di ammirarlo nelle migliori condizioni di osservazione possibili. L’opera restaurata sarà accompagnata da un’esaustiva documentazione attraverso la quale il pubblico avrà modo di avvicinarsi dettagliatamente alle varie fasi del restauro e alle indagini tecniche che lo hanno preceduto, indagini per le quali un notevole contributo è stato dato dal Centro Conservazione e Restauro “La Venaria Reale” di Torino. La mostra, organizzata dal Museo Diocesano, dall’Ufficio Beni Culturali diocesano e dalla Soprintendenza per beni storici, artisti ed etnoantropologici per province di Venezia, Belluno, Padova e Treviso, è posta sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica e gode del Patrocinio della Conferenza Episcopale Italiana. Curata da Andrea Nante ed Elisabetta Francescutti, sarà allestita nel monumentale Salone dei Vescovi.