Ci sono ancora italiani che spendono più di quanto guadagnano principalmente per colpa di uno stile di vita che non sa rinunciare a determinate comodità, o a causa dei prezzi troppo alti rispetto agli stipendi o dell’imposizione fiscale. Per le spese di ordinaria amministrazione familiare ci si finanzia ricorrendo agli aiuti dei genitori o ai pochi risparmi messi da parte. Ma nella straordinaria amministrazione è spesso necessario far ricorso all’anticipo del Tfr (che tuttavia può essere concesso solo per specifiche esigenze) o al prestito. E siccome le banche hanno maglie molto strette nella concessione dei mutui, si ricorre spesso alle finanziarie. Queste ultime sono caratterizzate da istruttorie più veloci e da una maggiore elasticità nel riconoscere piccoli prestiti. Dall’altro lato sono anche più costose. Per un impiegato con un contratto a tempo indeterminato che cerca un prestito di 12 mila euro per la ristrutturazione della casa il Taeg varia dal 6,4 all’11,03% con una rata mensile che parte da 200 euro e può arrivare a circa 223. Alla fine dei conti, il finanziato si trova a restituire, nella migliore delle ipotesi, 2.400 euro in più di quanto ha ricevuto. Risulta che non sono pochi i consumatori che si sono trovati a non poter più pagare. Cosa succede se non si paga un finanziamento? Adico, l’associazione difesa consumatori di Mestre, in una nota ha spiegato percorso e conseguenze se non si rispettano tempi, procedure e versamenti, e questo da un testo di “Legge per Tutti” che ha dedicato al problema puntuali chiarimenti. Ad esempio, va ricordato che cos’è il Crif. Si tratta di un archivio telematico a cui hanno accesso solo gli istituti di credito e che è volto a salvaguardare proprio il sistema creditizio contro le morosità. Ci sono due tipologie di banche dati: poi, ci sono le Sic, ossia i Sistemi di informazioni creditizie (come Crif, Expedian, ecc.) che rilevano non solo le morosità ma anche l’esistenza di prestiti in capo a un soggetto, il regolare pagamento delle rate, l’entità del debito residuo e così via. Dunque le informazioni raccolte sono sia quelle positive al debitore che quelle negative. Pertanto già nel momento in cui si chiede e su ottiene un prestito si viene, solo per questo, segnalato in Crif e nelle altre Sic; la Cai ossia la Centrale Rischi Interbancaria. A differenza delle Sic (che sono gestite da società private), si tratta di una banca dati pubblica controllata da Banca d’Italia. In questa si viene inseriti solo se non si phttp://www.veniceonair.com/wp-admin/tools.phpaga, previo avviso al debitore e comunque solo per casi di conclamato inadempimento (è esclusa la segnalazione per lievi ritardi o piccole morosità). La conseguenza è l’impossibilità di aprire conti correnti e di emettere assegni. Non conseguono però sanzioni. Va ricordato che chi non paga un finanziamento viene subito iscritto nelle liste dei cattivi pagatori, sia quelle della Crif e delle altre Sic, sia quelle della Centrale Rischi Interbancaria (o CAI) gestita dalla banca d’Italia (in quest’ultimo caso, non se si tratta di una piccola inadempienza). La conseguenza è che non si può più ottenere finanziamenti, emettere assegni e si perde l’uso della carta di credito. Per quanto tempo si rimane segnalati nella lista dei cattivi pagatori? Nell’elenco dei cattivi pagatori non si rimane in eterno: ci sono dei tempi tecnici oltre i quali si viene cancellati in automatico, senza bisogno di richieste. Non è dall’altro lato possibile chiedere di essere cancellati prima (per cui occhio a non dare soldi a chi promette cose impossibili). Il tempo in cui si rimane dentro la blacklist è di: 12 mesi per il ritardo di una o due rate; 24 mesi per il ritardo da tre a più rate, anche se il debito viene poi pagato. In entrambi i casi il termine decorre dall’avvenuto pagamento o, in caso contrario, dalla scadenza o dallo scioglimento del contratto (cosiddetta risoluzione) che evidentemente attuerà la finanziaria. La seconda conseguenza di chi non paga un finanziamento è che, al posto degli interessi “corrispettivi”, quelli cioè che si pagano su ogni singola rata secondo la percentuale indicata in contratto, scatta l’obbligo di pagare i più cari interessi moratori: si tratta cioè di una sorta di sanzione per il ritardo. L’entità degli interessi moratori deve essere indicata per iscritto nel contratto stesso, altrimenti seguirà il saggio legale fissato annualmente con decreto ministeriale. Il contratto di finanziamento ha un funzionamento a tutti noto: la finanziaria eroga immediatamente una somma a titolo di prestito prestito; a fronte di ciò il consumatore si impegna a restituirla nell’arco di un periodo più o meno lungo, con gli interessi concordati e secondo un piano rateale. Ebbene, tutti i contratti contengono una clausola che dà, all’istituto finanziante, il diritto di sciogliersi dal vincolo ed esigere la restituzione immediata di tutta la somma – senza quindi aspettare la scadenza delle singole rate – qualora il cliente dovesse essere inadempiente agli impegni. In buona sostanza, la finanziaria, verificando il mancato rispetto dei pagamenti, potrà dichiarare unilateralmente cessato l’accordo e pretendere subito il versamento delle residue mensilità in un’unica soluzione. E’ una procedura che viene attuata solo nei casi più gravi, quando cioè l’inadempienza è conclamata e non sanabile. Quando invece c’è un semplice ritardo o la morosità interessa solo una o due rate, il creditore preferisce concedere al debitore un margine di tempo adeguato per rientrare nei pagamenti. La finanziaria che non ha ottenuto il pagamento di una rata avvia le procedure di recupero che di solito, specie per piccoli importi, si valgono di comunicazioni informali: lettere, telefonate di società esterne di recupero crediti, email o anche sms. Questa è una fase collaborativa, volta a recuperare “con le buone” il dovuto. Se l’inadempienza però dovesse protrarsi, prima di procedere al pignoramento la finanziaria dovrà chiedere un decreto ingiuntivo in tribunale e notificarlo al debitore. Questi avrà 40 giorni di tempo per fare opposizione se ritiene non dovute le ragioni del creditore. In tal caso si instaurerà una causa che avrà ad oggetto l’accertamento dell’obbligo di pagamento. Viceversa, se non viene effettuata opposizione nei termini, il decreto ingiuntivo diventa definitivo e consente l’avvio delle azioni di esecuzione forzata. Si parte con la notifica di un atto di precetto che dà al debitore 10 giorni di tempo per adempiere. Dopodiché il creditore può procedere al pignoramento del quinto dello stipendio o dei beni del debitore (mobili e immobili). Se il debitore è proprietario di una casa, anche se è l’unica, può perderla: in tal caso la finanziaria vi iscrive prima l’ipoteca e poi la pignora mettendola all’asta. È anche possibile il pignoramento della macchina o l’invio dell’ufficiale giudiziario a casa per prelevare i beni di valore (gioielli, quadri, divani, tv, ecc.) che saranno anch’essi messi all’asta. Se il contratto è stato sottoscritto anche da un garante, la finanziaria avrà possibilità di rivalersi anche contro di questi (il cosiddetto fideiussore). Chi non ha la possibilità di pagare la finanziaria e cerca una soluzione che lo salvi da una situazione senza via d’uscita può beneficiare della legge n. 3 del 2012 meglio nota come legge salvasuicidi o sul sovraindebitamento. Quando il finanziamento è stato chiesto per credito al consumo, non quindi legato ad attività imprenditoriali, il debitore presenta in tribunale – con il necessario ausilio di un organismo di composizione della crisi (che può anche essere un professionista come un avvocato o un commercialista) – un piano di pagamento che tenga conto delle sue concrete disponibilità economiche. Si propone così un pagamento a saldo e stralcio minimo (di solito tra il 10 e il 50%). Se il giudice lo ritiene meritevole e non risulta che il debitore abbia altre possibilità per estinguere il debito, viene approvato anche contro il volere del creditore. In tal caso, con il pagamento suddetto, si viene liberati definitivamente dal debito. In alternativa il debitore può sempre trattare privatamente con la finanziaria un saldo e stralcio dimostrando le proprie impossibilità ad adempiere. Con esso concorderà un pagamento ridotto in via immediata o un pagamento integrale ma con un’ulteriore dilazione nel tempo (fonte, La Legge per Tutti).