Palazzo Cavalli, edificio storico e attuale sede del museo di geologia e paleontologia dell’università di Padova, dal 22 marzo al primo luglio e poi dal 13 settembre al 4 novembre apre le porte al pubblico. “L’iniziativa rientra in una serie di azioni progettate dall’ateneo per rendere più fruibili le nostre collezioni museali”, ha precisato Giovanna Valenzano, prorettrice al patrimonio artistico, musei e biblioteche. Un totale di 100 giorni di apertura straordinaria che serviranno anche a bilanciare un programmato periodo di chiusura durante il quale verrà predisposto il nuovo allestimento del Museo della natura e dell’uomo, che vedrà la luce a settembre 2021 e che riunirà le collezioni del museo di geologia e paleontologia, di mineralogia, di zoologia e di antropologia. Nel nuovo museo un’area sarà dedicata ad esposizioni temporanee, di cruciale importanza proprio per favorire lo scambio tra musei e le interazioni tra università e città, italiane e estere. Di questo riferisce Francesco Suman nel giornale Il Bo dell’Ateneo. Palazzo Cavalli si candida, ha scritto Suman, a diventare il fiore all’occhiello del patrimonio museale universitario e lungo la strada che conduce alla celebrazione degli 800 anni dell’università di Padova, nel 2022, verranno promosse conferenze e presentazioni di opere anche di altri musei del circuito universitario, 12 in tutto, coordinati da Giuliana Tomasella, direttrice del Centro di ateneo per i musei (CAM). “Ciò permetterà di mettere Palazzo Cavalli in rete con altri musei e altre collezioni. Vogliamo ampliare l’impegno del museo non solo in direzione della ricerca, ma anche e soprattutto nei confronti della città”, ha detto Giuliana Tomasella. “Non ci risulta che altre collezioni naturalistiche in Europa siano ospitate da strutture di simile rilievo artistico. Palazzo Cavalli offre uno straordinario connubio tra cicli di affreschi del ‘600 (attribuiti a Michele Primon, ndr) e oggetti di rilevanza scientifica unici”. Mariagabriella Fornasiero, curatrice del museo di geologia e paleontologia, ha ricordato i gioielli del museo: “La magnifica sala delle palme è un unicum. Abbiamo il Tridentinosaurus antiquus delle Alpi meridionali, risalente a 250 milioni di anni fa e più antico dei dinosauri”. Oggi questo reperto è studiato anche al Museo di Trento, per verificare la presenza di resti ossei. “Ci sono poi i pesci di Bolca, giacimento fossilifero a 100 km da qui che ci testimonia i paesaggi tropicali che caratterizzavano il veneto sud occidentale tra i 50 e i 30 milioni di anni fa”. Alcuni di questi pesci conservano persino il colore della livrea, mentre altri mostrano nell’apparato digerente la loro ultima cena. La testa di uno dei due sireni è atualmente studiata da una ricercatrice dell’università di Saragoza. Altri pezzi forti della collezione sono gli ittiosauri giurassici, rettili marini provenienti dalla Germania; ci sono 315 reperti di delfini fossili risalenti a 15 – 20 milioni di anni fa, rinvenuti lungo il torrente Gresal nel bellunese; due orsi delle caverne del Carso triestino, che si cibavano prevalentemente di frutta e bacche; e ancora due elefanti nani della Sicilia pleistocenica e i resti di una femmina di Mammut (110 – 120 mila anni fa) rinvenuti a Asolo assieme a strumenti litici che probabilmente appartenevano all’uomo di Neanderthal. La preferita dai bambini resta però la tigre dai denti a sciabola (35 – 70 mila anni fa), uno scheletro composito rinvenuto in pozze di bitume californiane agli inizi del secolo scorso e arrivato a Padova grazie a uno scambio con l’università di Berkeley. Ogni primo weekend del mese, il sabato pomeriggio alle 16 e la domencia mattina alle 11, su prenotazione previste visite guidate.