Diventa sempre più importante per gli scienziati imparare a comunicare in maniera efficace, senza timidezze ma anche senza arroganza. E al tema della ricerca di un delicato equilibrio tra scienza e comunicazione è dedicato l’intervento dell’immunologa Antonella Viola durante il Cicap Fest 2018 a Padova, dal 14 al 16 settembre; è il festival della scienza e della curiosità che affronta interrogativi e misteri della vita quotidiana, aiuta ad acquisire gli strumenti per discernere tra verità e bugie. Spettacoli, conferenze, laboratori, con oltre 200 eventi. Ospiti speciali Piero Angela e lo psicologo inglese Richard Wiseman, e tanti altri personaggi della scienza, della divulgazione e dello spettacolo. Una straordinaria palestra per il cervello. Comunicare bene la scienza oggi è particolarmente importante, anche perché sempre più spesso i ricercatori per avere finanziamenti devono rivolgersi a privati o a charities, che a loro volta vivono di donazioni, ha spiegato la scienziata a Daniele Mont D’Arpizio il quale ha scritto un testo-intervista sul Bo Live, il giornale web dell’ateneo di Padova (foto Bo Live-UniPd). Viola oltre a insegnare presso l’università di Padova è anche direttore scientifico dell’Istituto di Ricerca Pediatrica. “È quindi importante per gli scienziati aprirsi e comunicare: il problema è che troppo spesso si parla di scienza senza rispettarne i tempi e i modi, con una comunicazione sensazionalistica che crea aspettative che poi vengono deluse. Se ogni volta ad esempio si dice che è stato trovata la cura per il cancro, prima o poi la gente smette di crederti. Per dare informazioni corrette su nuovi farmaci e stili di vita bisognerebbe sempre aspettare i trial clinici su grandi gruppi di popolazione. Sono tanti gli esempi di comunicazione incompleta quando non letteralmente deviante: “È scorretto esaltare le proprietà anticancro del luppolo, senza specificare che anche una sola una birra aumenta il rischio di tumore, come del resto vale per tutti gli alcolici. Oppure continuare a pubblicizzare gli integratori agli antiossidanti, quando oggi le nuove linee guida di prevenzione contro il cancro suggeriscono di evitarli”. Proprio la vicenda di bustine e pillole contro i radicali liberi è a suo modo emblematica: all’inizio la sperimentazione in laboratorio sembrava infatti indicare un innalzamento del livello di protezione contro i tumori, “salvo scoprire che questi prodotti possono addirittura favorire crescita tumorale – ha continuato Viola –. E adesso non sarà facile convincere le persone a smettere di prenderli”. Anche qui è mancato il rispetto dei modi e dei tempi della ricerca: “Per dare informazioni corrette su nuovi farmaci e stili di vita bisognerebbe sempre aspettare i trial clinici su grandi gruppi di popolazione: la sperimentazione in laboratorio o una casistica di 10 pazienti non bastano”. E prima? “Non si dovrebbe parlare pubblicamente dell’efficacia una terapia: non dovrebbe nemmeno uscire sui giornali”. “L’opinione pubblica non può decidere sulla correttezza delle formule di Einstein o delle leggi che regolano la divisione cellulare. Comunicare correttamente la scienza riguarda oggi l’intera società: “Ovviamente l’opinione pubblica non può decidere sulla correttezza delle formule di Einstein o delle leggi che regolano la divisione cellulare, ma sulle loro applicazioni sì. E in questi ambiti i ricercatori devono dialogare con i politici e la società civile in maniera costruttiva ed evitando ogni chiusura. Non possiamo imporre diktat scientifici, ma solo spiegare quello che dice la scienza”. Il problema nasce quando alla base delle decisioni vengono poste informazioni incomplete o addirittura false. “Porto ad esempio la recente decisione della Corte di Giustizia dell’Unione Europa di parificare a quello degli Ogm il trattamento degli organismi ottenuti con la tecnica Crispr/Cas9, di fatto rendendone impossibile l’utilizzo nell’agricoltura. Il punto è che in questi casi non si ottengono Ogm perché non c’è inserimento di Dna estraneo ma solo una mutagenesi. Che si usa da sempre ed è presente anche in alimenti che mangiamo regolarmente, ma prima era ottenuta con metodi molto meno sicuri e precisi, come l’irraggiamento o l’utilizzo di sostanze chimiche. È ovvio che in questo caso il problema è soprattutto di tipo economico e commerciale, ma non si dovrebbe usare la scienza per imbrogliare cittadini”. La questione è fondamentale perché sempre più spesso la società sarà chiamata a decidere su casi analoghi: “Pensiamo all’intelligenza artificiale o all’editing genetico: si può usare per creare il supersoldato ma anche per curare. La scelta dipende dallo schema culturale adottato ed è questo che va discusso: questa però è politica, non scienza. E noi non possiamo essere paladini democrazia solo quando non ci fa comodo. La scienza, a differenza di quanto spesso si dice, è tutt’altro che estranea ai valori della democrazia: “Credo in una scienza democratica, anche se con le sue specificità – ha concluso Viola –. Del resto il fatto che io non possa eleggere il presidente della Repubblica Francese non significa che la Francia non sia una democrazia. Anche nella scienza c’è una comunità e conta il consenso intorno ai propri risultati: per questo costantemente li pubblichiamo sottoponendoli ai nostri colleghi, in quello che io ritengo un processo altamente democratico”.
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