I sardi lo sanno, ma non tutti nel Continente, ad eccezione dei genovesi, che Carloforte è stata una “colonia ligure” dove il cognome più diffuso, ancor oggi, è Repetto. Come ha pubblicato di recente la Nuova Sardegna, a firma di Simone Repetto, in questo corrente aprile è stato ricordato l’arrivo dei coloni tabarchini. Era il 1738. Per la comunità tabarchina c’è stata festa dell’isola di San Pietro, per i suoi 280 anni di vita. Come data di nascita di Carloforte, era stato assunto il 17 aprile 1738, anno in cui un mezzo migliaio di coloni (la maggior parte provenienti dalla tunisina Tabarka ed altri dalla Liguria), misero piede nell’isola sulcitana per colonizzarla, sfruttando il riparo offerto da un’ampia baia naturale, dopo una serie di rilievi compiuti in precedenza dal tabarchino Agostino Tagliafico ed appositi accordi in merito, stipulati dal vice Re di Sardegna Marchese di Rivarolo ed il feudatario Don Bernardino Genovese, che divenne Duca di San Pietro. Quel nucleo di fondatori, si rimboccò le maniche e iniziò a costruire laboriosamente il centro abitato, con le prime case e la cinta muraria per difendersi dai predoni, sviluppando le attività prevalenti della pesca e del commercio marittimo e facendo fruttare al meglio le conoscenze acquisite dai liguri di Tabarka. La comunità ebbe uno sviluppo continuo, fino ai massimi splendori che conobbe circa un secolo fa, quando Carloforte è stata, dopo Cagliari, il porto commerciale più importante della Sardegna. Nell’aula consiliare municipale c’è stato un incontro celebrativo, alla presenza di amministratori e consiglieri, ex sindaci, autorità ed associazioni. A seguire è dato vita ad un corteo verso il lungomare e reso omaggio alla statua eretta in memoria del re sabaudo Carlo Emanuele III, grazie al quale fu possibile colonizzare l’isola e da cui deriva il nome Carloforte. Su questa comunità hanno dedicato di recente servizi della Rai e di giornali. Fin dal 1738, quando i tabarkini arrivarono sull’Isola di San Pietro e fondarono Carloforte, esercitarono quasi in esclusiva la pesca del tonno rosso che è una pratica antichissima. Le prime mattanze furono fatte dai Fenici, prima lungo le coste spagnole e poi in Sardegna, lungo la rotta che i tonni abitualmente seguono nella stagione primaverile, quando dall’Atlantico si spostano nelle calde acque del Mediterraneo per la riproduzione. Proprio sul tratto tra l’Isola di San Pietro e la terraferma, sono state posizionate quattro tonnare, ma solo quella di Carloforte è attualmente in funzione. La Tonnara di Portoscuso, detta Su Pranu, nata nel 1587, era la più antica di cui si ha avuto notizia. Attorno alla struttura, nei secoli furono edificati locali per la lavorazione del tonno, magazzini, abitazioni e una chiesa, intorno a una grande piazza. Dopo anni di abbandono, l’intero complesso è stato acquisito, nel 2006, dal Comune di Portoscuso nel 2006, e sottoposto a numerosi lavori di restauro, così da consentire la riapertura al pubblico come straordinario esempio di archeologia industriale. Si deve arrivare alla bellissima, omonima spiaggia per ammirare l’ex Tonnara di Portopaglia. Sorta nel 1602, ha visto calare le reti in mare per l’ultima volta nel 1974. Recentemente, le vecchie abitazioni di pescatori nel borgo sono state ristrutturate divenendo un quartiere residenziale privato. La Tonnara dell’Isola Piana risale al 1698, opera del mercante Giuseppe Cavassa di Cagliari (pare di origini liguri). Ancora oggi,in località La Punta, viene utilizzata in occasione delle mattanze di primavera.