Al libero mercato i consumatori non ci credono. Non quando devono sottoscrivere un contratto per la fornitura di elettricità. Nonostante il decreto Bersani che ha aperto alla concorrenza il settore dell’energia porti la data del 1999, ancora oggi soltanto una famiglia su tre ha deciso di sottoscrivere un nuovo contratto passando così al libero mercato. In pratica, la stragrande maggioranza degli italiani ha preferito rimanere all’interno del “mercato tutelato”, snobbando le offerte dei singoli operatori. Anzi, negli ultimi anni è addirittura accaduto che i consumatori siano tornati indietro, delusi dalla concorrenza nel settore e tornando sotto la “protezione” della tariffa fissata ogni tre mesi dall’Autorità per l’energia. Per Adico (ass. difesa consumatori di Mestre)il mercato poco appetibile. Lo rivela la stessa Authority che ha appena pubblicato i risultati del monitoraggio sulla stato dei servizi. Con risultati sorprendenti e certificando il fallimento del passaggio alla libera concorrenza, almeno per quanto riguarda le utenze domestiche. Il 68% delle famiglie non è ancora passata al libero mercato, a causa della “limitata conoscenza delle del mercato, probabilmente a causa di una parziale fiducia nei mercati stessi o semplicemente per indifferenza al tema”. L’Autorità sottolinea anche la “minore appetibilità per i venditori”: in pratica, guadagnandoci poco gli operatori non hanno grande interesse a farsi la guerra a colpi di offerta (come avviene invece per la telefonia) per conquistare nuovi clienti. Tanto è vero che il livello di concentrazione nel mercato domestico rimane elevato, con il primo operatore che mantiene una quota di mercato attorno al 50 per cento. Attenti ai servizi aggiuntivi. Sempre leggendo il documento dell’Autorità, si scopre che i consumatori non hanno poi tutti i torti a non passare al libero mercato: “Le rilevazioni relative alla spesa sostenuta dai clienti domestici sul mercato libero sembrano attestarsi su valori mediamente più elevati rispetto ai regimi di tutela”. Tradotto, questo significa che la libera concorrenza ha portato prezzi del servizio più alti. E come è possibile? La questione è legata al fatto che nel libero mercato “le offerte sono spesso caratterizzate dalla presenza di ulteriori servizi collegati alla fornitura e non presenti nei regimi di tutela”. Un esempio? Nelle offerte a “prezzo fisso” per un determinato periodo di tempo “il venditore acquisisce coperture per il rischio di incrementi futuri del prezzo, con un differenziale di assicurazione pagato in più dai clienti”. On line conviene. Va detto che qualche vantaggio esiste nel passare al libero mercato? Oltre a cambiare spesso fornitore approfittando dei pochi che propongono offerte più vantaggiose alle famiglie, l’avvertenza è quella di sottoscrivere sempre un contratto via internet perché in questo caso “i venditori minimizzano i costi di acquisizione del cliente rispetto agli altri canali di vendita, consentendo offerte mediamente più vantaggiose”. Operatori in aumento. Per paradosso, il numero degli operatori che offrono la fornitura elettrica è in costante aumento: soltanto dal 2012 al 2015 (ultimo anno di dati disponibili) le società attive sono passate da 219 a 335. Ma perché succede se il mercato domestico è poco conveniente? La vera concorrenza si ha tra i clienti a bassa tensione (negozi e piccole attività), dove si registrano elevati livelli di passaggio al libera mercato: in questo caso, siamo passati da una quota del 36% di passaggi del 201e al 45% del 2015, con il primo operatore che detiene il 23% del mercato (-4,3% dal 2012). Nel 2018 cambia tutto. Lo scenario potrebbe cambiare radicalmente l’anno prossimo, quando scatterà l’obbligo per tutti gli utenti di abbandonare il mercato tutelato e sottoscrivere un contratto sul libero mercato. Sempre che venga approvato il decreto Concorrenza che contiene per l’appunto le norme che obbligano allo switch. Molti addetti ai lavori avvertono che in una prima fase le tariffe saranno destinate a salire, almeno fino a quando gli operatori non cominceranno a farsi una guerra dei prezzi. Per questo motivo sarà importante abituarsi per tempo a cambiare fornitore così come è già avvenuto nella telefonia alla ricerca del prezzo migliore. A questo scopo l’Autorità ha introdotto “la tutela simile”: in pratica, una serie di operatori è stato selezionato perché i consumatori potessero scegliere “una offerta facilmente comparabile in un’ambiente sorvegliato” dalla stessa dall’Autorità. Scoprendo che qualche risparmio lo si può fare davvero: peccato che fino a ora alla tutela simile hanno aderito poche centinaia di utenti. Adico in una sua nota ha segnalato che il documento dell’Autorità, come era prevedibile, ha provocato la reazione degli operatori. Tra i primi Michele Governatori, presidente di Aiget, l’assocazione dei grossisti e trader di energia: “Il documento dell’Autorità precsì che generalmente i clienti che lasciano l’offerta di “tutela” spendono di più, ma riconosce anche che questo si deve all’acquisto di servizi aggiuntivi, per esempio il prezzo fisso che richiede forme di copertura per essere fornito e protegge il cliente dalle fluttuazioni della tariffa di “tutela”. Detto questo, chi vuol risparmiare può farlo sul mercato libero? Eccome se può: gran parte degli operatori offre, in particolare sul web, opzioni più economiche della tutela per chi le vuole. Forse un problema è il termine piuttosto fuorviante di “tutela” che presuppone una dicotomia tra ambiente protetto e mercato pericoloso. Noi crediamo che un pezzo fondamentale del mercato siano proprio i clienti attivi. Il cui lavoro non è certo facilitato da una bolletta in gran parte formata di parafiscalità e remunerazione di costi fuori dal controllo degli operatori di mercato”.

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